Ascolti360°, vi presento i Moai

Prendete una serata, aggiungete una frescura piacevole e dell’ottima compagnia, amalgamate il tutto con note vibranti che scuotono l’anima, servite in un caldo e cordiale ambiente cosparso di sorrisi visibili nonostante le mascherine, otterrete una leccornia che non è possibile descrivere senza assaggiarla.

Ma ci provo.
Vi parlo dei Moai.

Sono reduce da una delle esperienze più emozionanti degli ultimi tempi e giuro, non me lo aspettavo!
Per quanto avessi già consumato il cd su Spotify e supporto fisico, sono rimasta ancora più affascinata da questa band dopo il live. Infatti, il palco è senza ombra di dubbio “la casa” di questi 7 musicisti/e che, oltre a confermare le capacità tecniche, sono stati/e in grado di donare tantissima energia ed emozione a tutti i presenti.

Fin dalle prime note ho sentito la pelle vibrare ed alzarsi a conferma delle mie sensazioni, gli archi (contrabbasso e violino) ci hanno accolti a braccia aperte, l’arpeggio di chitarra sembrava invitarci ad addentrarci più in profondità per portarci alla soave e calda voce della cantante (Valentina Comelli).

Da qui è davvero difficile per me parlarvi del concerto perché, esattamente come quando passi del tempo fantastico con qualcuno, ho l’impressione che sia volato via troppo in fretta, di non aver afferrato tutta l’essenza, di aver vissuto quasi troppo intensamente.
Per questo vi parlerò della band e del cd che porta il loro nome e che potete ascoltare QUI

I Moai sono una band indiefolk formata da 7 elementi:
Valentina Comelli (Voce)
Matteo Mantovani (Voce, Chitarra Elettrica/Baritona/Acustica)
Cristina Gaffurini (Chitarra acustica, Mandolino)
Daniele Richiedei (Violino, Viola)
Nicola Ziliani (Contrabbasso)
Riccardo Barba (Piano)
Paolo Zanaglio (Batteria, Percussioni)

Curiosità: il nome della band potrebbe farvi pensare alle famose statue dell’isola di Pasqua e invece no, Moai è una parola di origine giapponese che insieme all’Ikigai (di cui abbiamo già parlato QUI) e al cibo sano, paiono essere il segreto per una vita centenaria. Ad Okinawa infatti, è d’usanza formare gruppi di 5/6 amici che per tutta la vita si prendono cura l’uno dell’altra sostenendosi in tutti i momenti, belli e brutti, sia a livello emotivo che pratico.
Questa sorta di famiglia allargata, pare essere punto cardine della longevità di questo popolo.

Mi ritrovo moltissimo in questa visione romantica della musica e non posso che condividere.

Ma torniamo a noi.
Il cd conta 11 tracce per la durata complessiva di 41 minuti circa.
Si parte con The house on the beach, gli archi iniziali sono un caloroso benvenuto e hanno il potere di sciogliere il cuore al primo ascolto, complice anche l’angelica voce di Valentina. Le immagini che il testo evoca sono potentissime e anche senza ascoltarlo vi sfido a non visualizzarvi in un luogo magico e “libero” appunto, dalle oppressioni odierne.
Frase preferita:
Rugged land smooth pines, fairy sirens, and olive trees,  ancient winds raised me up, taught me how to breathe again.
– – – – – – – –
Terra aspra addolcita dai pini, sirene fatate e alberi d’ulivo, antichi venti mi hanno sollevato e mi hanno insegnato a respirare di nuovo.

September: è il singolo che ha anticipato l’uscita del cd, ricordo ancora la prima volta che l’ascoltai. Percorrevo i viali alberati vicino al conservatorio, con il tramonto rosso fuoco alle spalle ed il vento fresco sul viso, inutile dire che quel momento era così bello e perfetto da commuovermi. Ogni volta che l’ascolto ritorno a quell’istante. Un brano che suona come una dolce coccola, capace di scuoterti, darti il sorriso e la speranza. Una delle mie preferite senza dubbio.
Frase preferita:
Fingers crossed on neverending dreams and all you know to make sense of it all is that when the hearts of the ones you love is full it ends up to refill your heart as well. Wouldn’t it be wonderful to hold each other’s hand?
– – – – – – – –
Dita incrociate sui sogni che non hanno fine e tutto ciò che sai per dare senso a tutto è che quando il cuore di quelli che ami è pieno, finisce per riempire anche il tuo cuore. Non sarebbe meraviglioso tenersi per mano?

(Got to tell you) SOMETHING: un sound che ci trasporta negli States, aspro e un po’ rude, il brano non le manda a dire. Il piano elettrico è prepotente, magnetico ed è impossibile restare fermi sulla sedia, alla guida o ovunque siate. La chitarra sottolinea perfettamente il mood del pezzo incalzando quando necessario. Tutto molto equilibrato e diretto. Ottima la performance del chitarrista che si dimostra anche un ottimo cantante.
Frase preferita:
Got to tell you something, something you don’t know. Life can be so easy, man, if you just let it go.
– – – – – – – –
Devo dirti qualcosa, qualcosa che non sai. La vita può essere così facile, amico, se soltanto lasci perdere.

Waitin’: un brano agrodolce, in cui i sentimenti si aggrovigliano. Il sound è dolce ma ad un certo punto tutto si affievolisce, pochi secondi, un silenzio assordante, come quello dell’assenza di qualcuno che vorresti restasse al tuo fianco. Tutto è così morbido e duro allo stesso tempo. Leggete il testo e poi ditemi se riesce a comunicarvi esattamente le emozioni che racconta. Sublime.
Frase preferita:
When are you coming home to me? I’m waitin’
– – – – – – – –
Quando tornerai a casa da me? Ti sto aspettando.

So strange: in un attimo mi sembra di stare in Irlanda, in mezzo ad un boschetto, seduta davanti al fuoco. Mi sento a casa in queste note e parole, mi calzano meglio di qualsiasi abito abbia nel mio armadio. Il fischio all’inizio si incastonerà nella vostra memoria alla velocità della luce, la chitarra vi farà spuntare un sorriso istantaneo e alle parole ” You’re so strange” vi ritroverete come me. Arrendevoli e piacevolmente sorpresi di fronte a ciò che siete davvero.
Frase preferita:
You’re so strange, no one understands why you stay in the corner, undefinable, unpredictable… Hard to say who you’re gonna be.
– – – – – – – –
Sei così strana, nessuno capisce perché rimani in un angolo, indefinibile, imprevedibile… Difficile dire cosa diventerai.

Lullaby of the storm: dondoliamo tra le braccia di una melodia che sembra raccontarci qualcosa in cui tutti possiamo ritrovarci. I pensieri, un temporale, la caducità delle cose. La vita sembra danzare assieme a noi e non possiamo fare altro che osservarla, arrenderci e prenderci un momento di riposo.
Frase preferita:
Upcoming raining, time to give in. Stay in my arms now, lay here with me. Sleep, oh sleep on my chest, rest upon my skin. Sleep, oh sleep, here comes the night, darkness has no sin.
– – – – – – – –
La pioggia che arriva, tempo di arrendersi, rimani tra le mie braccia, adesso. Resta qui con me. Dormi, oh, dormi qui sul mio petto, riposa sulla mia pelle. Dormi, oh, dormi, ecco che arriva la notte. L’oscurità non ha peccato.

My darling child: struggente, gli archi introducono il brano in cui timidamente fa capolino la chitarra, come un bimbo che guarda oltre il suo naso per la prima volta. La voce racconta con dolcezza il passaggio del testimone ad una nuova vita, assicurandole che sarà la benvenuta sempre, augurandole di poter condividere il proprio cammino ma anche di essere abbastanza forte da camminare da sola.
Ps. durante il concerto mi è stato praticamente impossibile non commuovermi.
Frase preferita:
I wish for you to share your precious time, but I wish for you to be alone, sometimes. You need to go deep down to find the spring that feeds the river of your soul.
– – – – – – – –
Ti auguro di condividere il tuo tempo prezioso, ma ti auguro anche di essere sola, qualche volta. Devi scendere in profondità per trovare la fonte che alimenta il fiume della tua anima.

Last moments on earth: un brano con sorpresa. Un minuto malinconico e dolce, la quiete prima della tempesta… e poi? Le melodie ci catapultano istantaneamente all’interno di una cornice coinvolgente che si può tranquillamente ambientare ancora una volta in Irlanda oppure in America. Farsi trascinare è un attimo, vi ritroverete a battere il tempo, muovere la testa e aver voglia di ballare.
Frase preferita:
will you stand tall when the sky can’t help but fall? know you never lost your faith. Let me see out from the core in your last moments on earth.
– – – – – – – –
Resterai a testa alta se il cielo non può far altro che crollare? Oh, so che non hai mai perso la tua fede. Fammi guardare fuori dal centro, nei tuoi ultimi momenti sulla Terra.

Turn the light off: una canzone dalle atmosfere malinconiche, le percussioni sembrano ricalcare i suoni dei passi che facendosi strada tra i fallimenti, diventano sempre più pesanti. Mentre le melodie ci accompagnano in questo viaggio arriva il momento della rivalsa sottolineato dalla chitarra che ripete ostinata il suo canto, come ad incarnare l’eterna lotta. Il non voler mollare anche se ogni tanto è bene spegnere la luce, dimenticare tutto per poi riaccenderla e avere più chiaro il cammino. Perché a volte quello che serve è solo un po’ di coraggio.
Frase preferita:
Turn the light off. Waiter, can I have some nerve to drink? May you serve it on the rocks, please?
– – – – – – – –
Spegni la luce. Cameriere, posso avere un po’ di coraggio da bere? Con ghiaccio, per favore.

Calla Lilies: amo questa canzone, ha il potere di dire tutto con veramente poco. Una chitarra che accompagna egregiamente la voce. Incredibile come due semplici ingredienti siano in grado di comunicare così tanto. Ancora una volta Matteo (alla chitarra) ci delizia con la sua voce in un brano perfetto per concludere un’esperienza emozionante che sembra ricalcare come la carta copiativa, i sali e scendi della vita. Ricordandoci che nelle promesse si può credere.
Frase preferita:
Once I was a wasteland, a land where nothing grew. White calla lilies, and bloody empty rooms. I remember the day you came in and gathered up my doubts. Wherever I look since then, flowers are blooming all around. Calla lilies and I sometimes believe in promises.
– – – – – – – –
Un tempo ero una terra desolata, una terra dove non cresceva più nulla. Bianche calle e maledette stanze vuote. Ricordo il giorno in cui sei entrato e hai raccolto tutti i miei dubbi. Ovunque io guardi da quel momento, vedo fiori sbocciare tutto attorno. Calle e io qualche volta credo alle promesse

Ed eccoci qui, non so davvero se con le mie parole, racconti e aneddoti riuscirò a trasmettervi una piccola parte di ciò che ho provato incontrando il sound dei Moai. Non mi resta che invitarvi ad ascoltarli e dirmi la vostra e ovviamente a seguirli live prossimamente.

Lascio qui sotto il sito e i social.
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Buon ascolto e buon inizio settimana!

Alla prossima, vostra T.

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