Beauty inclusive, gli effetti sulla psiche e la società

Articolo a cura del Dott. Matteo Merigo e Tamara Basile

Nel corso degli anni abbiamo assistito ad un cambio di rotta nella percezione dell’immagine nella moda. Ogni epoca ha il proprio canone di bellezza e il passaggio all’epoca successiva, contempla la rivoluzione nel mondo del bello. Negli anni ’80 le supermodelle avevano creato il prototipo della bellezza proporzionata negli anni successivi, nonostante ci fossero molte donne in linea con i canoni estetici del tempo, iniziavano a comparire le prime bellezze “alla portata”, più vicine all’estetica globale.

L’arrivo della chirurgia estetica

Negli anni ’00, si ha un ritorno all’idea che bello sia sinonimo di magro, anzi magrissimo, complice anche lo sdoganamento della chirurgia estetica. La psiche delle persone fu fortemente influenzata da canoni così perfetti e irraggiungibili che pur di avvicinarsi allo stereotipo si affidarono sempre più al bisturi e a diete così sbilanciate da portare a disturbi alimentari importanti.

Così spesso si punta e si critica il mondo che ha generato il problema, ovvero quello della moda ma negli ultimi anni proprio qui si ha una svolta.

Alcuni trend body positive ed inclusivi, anche per le diverse identità di genere, hanno ridiscusso il concetto dello standard di bellezza, per soffermarsi sulla totalità della persona in quanto tale.

Questione di marketing?

Il problema, da un punto di vista sociologico, è se effettivamente il messaggio, frutto di conquiste da parte di chi si è sentito escluso dai canoni, sia davvero sentito e ancora valido anche per quest’ambiente o semplice marketing volto alla conquista di una fetta di mercato.

Sappiamo che molte case di moda, nonostante seguano questo trend, in realtà affidano ancora molte delle proprie campagne a modelle e modelli con particolari caratteristiche fisiche, salvo poi scegliere alcuni rappresentanti “porta voci” di messaggi inclusivi.

Ripercussioni del positive e negative?

Un pensiero inclusivo lancia sicuramente un messaggio positivo, centrato sull’accettazione e sulla possibilità di migliorare la propria figura per sé stessi e non per l’idea che gli altri non accettino per quello che sono.

Per quanto una persona sia o meno in sovrappeso, o abbia un diverso colore di pelle, inestetismi etc, tutti noi ricerchiamo un elemento di bellezza esteriore che attrae l’attenzione.
Vero è anche che la tendenza delle persone è quella di uniformarsi ad un gruppo di riferimento e migliorare alcuni aspetti per emergere dallo stesso, ma il messaggio body positive può aiutare ad avere rispetto della propria persona.
Di contro, le critiche sul fatto che possano essere visti come fenomeni isolati o utilizzati dai grandi marchi per finalità promozionali, alimenta il dubbio.
Nei gruppi LGBT+, per esempio, è spesso citato il “queerbaiting”, ovvero la rappresentazione in film e telefilm di coppie omosex o presunte tali, solo a scopo di aumentare il bacino d’utenza dei telespettatori e non per mostrare le diverse fluidità della realtà.

Conclusione

a cura di Tamara Basile

Si evidenzia quindi l’impossibilità di poter comprendere se questa nuova corrente di pensiero sia più o meno sentita dai big delle case della moda, dai social, dalle modelle stesse. Quello che è certo però, è che è finito il tempo in cui c’era un solo canone da rispettare.
Basta scorrere le bacheche di Instagram o YouTube ed altri social, per vedere sempre più ragazze e ragazzi mostrarsi a proprio agio con le loro imperfezioni mostrandole orgogliosamente alla telecamera, rendere artistica una smagliatura, la stessa cellulite spauracchio per tantissime ragazze, fisici non scultorei e rotondi.
I demoni sono usciti dall’armadio e forse alla luce fanno meno paura.

Attenzione però, si corre forse il rischio di dimenticarsi di chi ancora non si accetta e fa del male a sé stesso?
Non esiste il rischio di convincersi che c’è ancora tantissima gente che si sente sbagliata?
O ancora, non si rischia di sdoganare che tutto vada bene e che il troppo vada bene ma anche il troppo poco perché tanto ho il diritto di essere chi voglio?

Con questi interrogativi lascio aperta la porta del confronto e chissà che non arrivi una live per parlare proprio di questo tema!

Grazie ancora al Dott. Matteo Merigo per la professionalità e disponibilità!

A presto

2 comments:

Si parla solo di sovrappeso, le signorinelle non stanno bene con loro stesse, io per iperglicemia ho perso una taglia, dalla 42 italiana alla 40 italiana in pratica il mio rapporto altezza peso è adesso twiggy nella sua epoca d oro. Bersaglio facile per le obese o sovrappeso, non venite da me a dire di ingrassare, non me lo create il problema. È l ennesimo fallimento della solidarietà femminile e non è colpa mia. Alla prossima.

Nell’articolo non si parla solo di sovrappeso ma di tutti quegli aspetti del nostro corpo che possono farci sentire a disagio con noi stessi.
Allo stesso modo se ha letto l’articolo avrà notato che non si incita in alcun modo a prendere peso, si parla in modo oggettivo
(grazie al contributo dello psicologo Merigo) di cosa significhi body positivity e delle reazioni che la moda ha avuto a questo fenomeno.
L’idea alla base di questo articolo è proprio il fatto di favorire l’accettazione di sè quindi ben lungi dal “creare un problema a qualcuno”.
Speriamo possa leggere l’articolo in modo più approfondito per un ulteriore confronto.
Grazie comunque del suo contributo 🙂

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