Jojo Rabbit è un film del 2019, liberamente tratto dal romanzo del 2004 Come semi d’autunno (Caging Skies) di Christine Leunens e in lizza agli Oscars di quest’anno in ben sei categorie.
La trama ci porta nella Germania del 1945, Johannes Betzler, detto Jojo, ha dieci anni e vive solo con la madre Rosie – un’affettuosa e forte Scarlett Johansson – in una piccola cittadina intrisa di propaganda nazista.
Partecipa quindi con l’amico Yorki alle riunioni della Gioventù hitleriana come se si unisse a un gruppo scout ed è entusiasticamente convinto, alla maniera un po’ fantastica e cieca di un bambino, a tutto quello che viene decantato sul Reich e i suoi nemici, tanto che il suo amico immaginario è una versione infantile e buffonesca di niente meno che Adolf Hitler, interpretato dall’autore e regista Taika Waititi.
Lungo tutto il film il punto di vista sarà sempre quello di Jojo, ma i personaggi secondari sono essenziali per dipingere il suo mondo; dalle buffe chiaccherate con Yorki, ai desolati discorsi di un Sam Rockwell nelle vesti del capitano della Gioventù hitleriana. Non mancano le tinte più comiche con la fanatica del regime interpretata da Rebel Wilson e un agente della Gestapo un po’ idiota reso da un esilarante Stephen Merchant. Ma forse ciò che porta più ad evolvere il personaggio è il rapporto con Elsa, la giovane ebrea a cui la madre ha dato rifugio nella loro casa.
Sarà infatti conoscendo la ragazza che Jojo scivolerà pian piano nella realtà, realizzando come tutte le fantasticherie e le voci nate dalla propaganda avessero tramutato gli ebrei in mostri disumani su cui poter scaricare impunemente qualsiasi orrore e maldicenza.
Scoprirà invece di avere di fronte a sé un essere umano, proprio come lui, con una sua storia, un amore e una famiglia. Una persona che, a mano a mano che la conoscenza si approfondisce, troverà sempre più difficile da odiare.
Tematica questa, che malgrado il carattere storico del film, è innegabile trovare ancora tremendamente attuale.
Difficile incasellare questa pellicola in un solo genere, il tono è quello di una commedia, ma non mancano degli elementi fortemente drammatici, tanto che nella seconda parte ci saranno delle scene che vi faranno tirare fuori i fazzoletti.
I temi, il messaggio, anche la satira, niente di tutto questo è veramente nuovo ma la formula di Jojo Rabbit riesce comunque a consegnare una storia raccontata in modo originale, bizzarra e toccante, dove è molto chiara la personalissima firma del regista.
È infatti impossibile immaginare che la regia possa essere nelle mani di qualcun’altro. Taika Waititi, noto anche come Taika Cohen, è un artista poliedrico, non solo regista ma anche sceneggiatore, attore e comico, rappresenta già nel suo nome le sue origini miste: neozelandese figlio di padre maori e madre ebrea di origini russe.
Se siete appassionati di cinecomics potreste averlo conosciuto per aver diretto uno dei supereroi di casa Marvel in Thor: Ragnarok.
Trovo che il suo stile sia personale e riconoscibile, dai dettagli tecnici all’interpretazione, dalla sua scrittura all’inconfondibile ironia.
Questo da solo non ne definisce il successo, ma di sicuro lo rende distinguibile: una caratteristica non banale.
Una menzione va sicuramente anche al cast, in particolare al giovane Roman Griffin Davis, fenomenale nel ruolo di Jojo, ma anche a Scarlett Johannson, con un’interpretazione profonda e toccante, a tutto diritto meritevole della nomination come miglior attrice non protagonista agli Oscars di quest’anno.
Mi sento di consigliare fortemente questo film, forse non vi insegnerà concetti sconosciuti, ma se cederete al suo racconto colorato saprà educare i vostri sentimenti a una maggiore sensibilità.
Giulia