La LIS come ponte per l’apprendimento dell’italiano.

Diversi studi (Caselli 1985; Caselli, Osella e Volterra 1983) hanno rilevato che nei bambini sordi figli di genitori sordi l’apprendimento del parlato si appoggia sull’acquisizione del segnato e che i segni non inibiscono lo sviluppo vocale ma al contrario la lingua dei segni serve da supporto a quella parlata.
Grosjean (1992; 2003), uno degli studiosi più noti nell’ambito della linguistica e della psicologia del linguaggio, sottolinea che solo attraverso un’educazione bilingue precoce il bambino sordo possa raggiungere una completa competenza cognitiva, comunicativa e sociale. Secondo questo autore la lingua dei segni deve essere la prima lingua dei bambini sordi e solo in un secondo momento questi potranno apprendere la lingua orale. Grosjean sostiene infatti, sulla base dei risultati di numerose ricerche sul bilinguismo, che poiché nessuno si pente di conoscere due lingue e di appartenere a due culture, i bambini sordi hanno il pieno diritto di crescere bilingui.

L’acquisizione precoce della LIS offre al bambino la possibilità di crearsi una competenza linguistica in maniera meno artificiale e meno faticosa e permette una trasmissione adeguata di contenuti e conoscenze tipici della sua età e del suo sviluppo cognitivo e relazionale. I vantaggi dell’ottica bilingue sono caratterizzati dalla possibilità per la persona sorda non solo di conoscere due lingue ma di appartenere anche a due culture. Ciò permette ad una persona sorda di avere gli strumenti per parlare sia con udenti che con altri sordi e di vivere il mondo con maggiore autonomia.

La strada del bilinguismo potrebbe prospettarsi come l’alternativa più ecologica per l’educazione al linguaggio del bambino sordo, una strada che pare tener maggiormente conto delle sue reali capacità e potenzialità. Basandosi sull’ipotesi di interdipendenza linguistica elaborata da Cummins nel 1981 si ritiene che i bambini ripetano in larga misura il percorso già seguito in una prima lingua durante l’acquisizione di un secondo idioma e che quindi i bambini potrebbero apprendere come seconda lingua la lingua vocale e scritta basandosi sulle competenze apprese con la lingua dei segni. (Caselli et al. 2006).

A tal proposito Rinaldi e colleghi (2015) rispondono che sia necessario che il bambino sia esposto precocemente ad un segnato competente e fluido perché ciò avvenga e che quindi, essendo il 95% dei genitori di figli sordi, udenti, sarebbe molto più realistico pensare alla LIS come seconda lingua piuttosto che come L1. Ciò nonostante resta innegabile l’importanza di fornire questo strumento alle persone con deficit uditivo e lasciare che siano poi loro a scegliere nella vita futura come preferiscono esprimersi.

Gregory (1986) ha tracciato quattro obiettivi primari raggiungibili attraverso il bilinguismo:

  1. Aumentare la competenza linguistica;
  2. Dare accesso ad un più ampio programma scolastico;
  3. Facilitare la capacità di alfabetizzazione aumentando anche la comprensione della lingua scritta;
  4. Dare agli alunni una percezione positiva della propria identità.

In merito a quest’ultimo punto è bene ricordare come i bambini sordi figli di genitori udenti, abituati ad avere rapporti con coetanei e adulti udenti, possano avere la percezione che la propria differenza renderà loro impossibile una piena realizzazione dei propri obiettivi o semplicemente una vita serena. Potrebbero essere portati a credere che non avranno ciò cui un udente può aspirare (una famiglia, un lavoro, degli amici). Per questo dar loro la possibilità di comunicare con altre persone sorde può dar loro maggiore autostima e fornire gli strumenti per affrontare la propria condizione. (Caselli et al. B 2006)

Proviamo a immaginare quanto debba essere spossante faticare ogni giorno a comunicare, persino in famiglia. Quanto debba essere frustrante non poter comunicare agilmente i propri stati d’animo e le proprie emozioni: per questo è frequente che i bambini sordi manifestino comportamenti problema.

Certo la lingua dei segni non può essere considerata la panacea di ogni male ed è errato credere che da sola possa risolvere i problemi comunicativi di una persona sorda: ogni individuo è a se stante ed ha delle caratteristiche specifiche. Tuttavia escluderla dall’educazione di una persona con deficit uditivi è altrettanto sbagliato. E’ invece fondamentale dare allo studente sordo tutti i possibili strumenti che possano garantirgli una piena inclusione nella società attraverso una programmazione attenta ed individualizzata.

La dimostrazione del fatto che le lingue dei segni siano ricche di potenzialità sta anche nel fatto che sempre più spesso siano utilizzate anche in altri contesti oltre quello della sordità.

Le ricerche dimostrano come le lingue dei segni siano particolarmente efficaci nel promuovere lo sviluppo del comportamento verbale e vocale in soggetti con autismo e disabilità di sviluppo. I segni consentono di ripercorrere le tappe di apprendimento del linguaggio dei bambini a sviluppo neurotipico e, quando utilizzati, comportano l’attivazione delle stesse aree cerebrali deputate al linguaggio verbale. Ciò dà al ragazzo autistico maggiori chance di arrivare a possedere non solo maggiori capacità comunicative ma anche di sviluppare il linguaggio vocale.

. La comunicazione alternativa attraverso la lingua dei segni promuove l’acquisizione inizialmente di segni legati a nomi o richieste e si articola in tre punti:

1.Prima di tutto si mostra l’oggetto ed il segno corrispondente. Per esempio una palla e si fa il segno palla (vedi immagine per segno LIS di “palla”).

2.Poi si pronuncia la parola “palla” avendo cura di articolare bene i suoni ma non in modo innaturale.

3.Si stimola il bambino a riprodurre il segno e, vocalmente, a provare a dire il nome dell’oggetto. Premiamo anche un singolo suono es. P oppure una sillaba es.“PA”. Consegniamo quindi l’oggetto al bambino rinforzando segno e suono.

I risultati positivi ottenuti in tali contesti, utilizzando la lingua dei segni come CAA sembrerebbero sottolineare come essa, non solo non funga da ostacolo per l’apprendimento del linguaggio verbale, ma anzi possa divenire lo strumento attraverso cui supportarlo.

Per approfondire:

Un grande abbraccio,

Barbara.

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