In questa settimana dedicata alla tecnologia e ai videogiochi sono davvero felice di potervi portare la testimonianza di Andrea Zanacchi, uno psicologo che assieme ad altri colleghi ha fondato Horizon Psytech. Ci parlerà di questa realtà, della sua passione per i videogiochi e molto altro!
Ecco a voi l’intervista!
1. Buongiorno Andrea, grazie di cuore per aver accettato il nostro invito! Ti va di presentarti e presentarci la realtà di Horizon Psytech? Com’è nata? Perché? Da quanto tempo siete operativi? Da quante persone è composta?
Horizon Psytech è una società nata a partire da un progetto universitario, grazie al blog “Psicologia dei videogiochi” e la pagina Facebook correlata. In poco tempo ci siamo ritrovati con centinaia di follower interessati, attraverso i nostri articoli divulgativi, a capire la correlazione tra la psicologia e il mondo dei videogame. Dopo aver condotto alcune lezioni universitarie, e aver suscitato interesse anche nelle “alte sfere”, abbiamo deciso di provare a rendere la psicologia dei videogiochi un lavoro vero e proprio. Dopo la laurea magistrale, quindi, abbiamo fondato la società che a tutt’oggi si occupa di fare una corretta divulgazione sul mondo dei videogiochi da un punto di vista psicologico, cercando anche di sradicare alcuni stereotipi. Oltre a questo, teniamo corsi e workshop destinati sia a bambini/ragazzi sia a genitori, al fine di educare a questa nuova tecnologia e al suo utilizzo per potenziare alcune abilità (conosciute come life skills). Attualmente Horizon Psytech è composta da quattro soci fondatori e vanta oltre quaranta collaboratori, quasi tutti psicologi o dottori in psicologia, che si occupano di fare divulgazione corretta.
2. Invece la tua carriera video ludica quando comincia e come ha influenzato la tua vita?
La mia carriera videoludica inizia a
metà degli anni ’90, al mio sesto compleanno, quando ricevetti la
prima console: la leggendaria Playstation 1. Me ne sono subito
innamorato, questo grazie anche ai miei genitori, che mi tenevano
compagnia durante le sessioni di gioco e l’hanno da subito
trasformato in un’attività di famiglia: giocavo insieme ai miei
genitori e insegnavo a mia volta ai miei fratellini più piccoli,
affascinati dai pixel che si muovevano su schermo, come giocare.
3. Domanda un po’ frivola, videogiochi che porti nel cuore e perché?
Sicuramente “Spyro the Dragon” per Playstation 1, che ho giocato interamente in compagnia di mia madre: io, con la mia abilità, muovevo il draghetto viola sulla mappa, sconfiggevo i nemici e facevo le planate difficili, mentre mia mamma cercava di capire come raggiungere i vari draghi da liberare, ragionando insieme a me.
Altro gioco che porterò sempre nel cuore è “The Legend of Zelda: The Wind Waker” per Nintendo Game Cube, la mia console preferita. Porto questo gioco nel cuore perché, oltre ad avere una grafica e una storia senza pari, è stato il mio primo videogioco open world, ed è stato veramente impegnativo e soddisfacente finirlo totalmente da solo.
Ultimo, ma non per importanza, porto nel cuore Fates: 8 stories, un videogioco di ruolo del mio collega e amico Gabriele Barone, che ha creato da solo e che ho avuto il piacere di seguire fin dal suo esordio come beta tester.
4. Su Persona360° si parla di benessere a 360°, pensi che i videogiochi possano contribuire a raggiungere questo stato? Se si, come? Hai qualche titolo da suggerire o citare?
Se usati in maniera corretta, i videogiochi possono assolutamente portare ad uno stato di benessere. Innanzitutto, svolgere attività appaganti e soddisfacenti, come può essere il giocare al proprio videogioco preferito, permette al giocatore di provare un profondo stato di appagamento e piacere. Inoltre, raggiungere determinati obiettivi, sconfiggere boss difficili e superare livelli impegnativi aumenta il livello di autostima e di autoefficacia del giocatore, che si sente quindi soddisfatto e felice dopo la partita.
Anche la parte sociale ha la sua importanza, per quanto riguarda il benessere percepito grazie ai videogiochi: pensiamo alla quarantena che abbiamo dovuto passare a causa del Coronavirus. Grazie alle funzioni online di alcuni videogiochi (multiplayer o anche titoli come Animal Crossing) abbiamo potuto mantenere relazioni sociali e affettive.
Per quanto riguarda qualche titolo da consigliare, premetto che ogni giocatore è diverso: c’è chi raggiunge benessere ed emozioni positive tramite la competizione, chi con la cooperazione con altri utenti e chi solo con determinati generi di videogiochi. Personalmente mi sento di citare “The Legend of Zelda: Breath of the Wild”, un open world immenso per Nintendo Switch. Ho trovato molto rilassante la possibilità di esplorare liberamente il mondo di gioco, di perdermi tra praterie e foreste, scoprire tesori o villaggi nascosti. A livello più scientifico, invece, esistono videogiochi creati appositamente per diminuire l’ansia nel giocatore e portarlo ad uno stato di benessere psicofisico. Un esempio è “Deep”, un videogioco per Oculus Rift in cui si possono esplorare fondali marini accompagnati da musica rilassante.
5. Come dicevo qualche riga più in su, spesso i genitori vedono i videogiochi come qualcosa di pericoloso, che addormenta le menti di grandi e piccoli, oppure li fa diventare violenti. Come la pensi?
Purtroppo il binomio videogioco-violenza è uno stereotipo radicato nella società odierna, continuamente riproposto dai media, malgrado esistano numerose e valide ricerche scientifiche che confutano appieno questa teoria. Ovviamente è importante, per un genitore, educare all’utilizzo di questi strumenti, creando delle regole d’uso e gestendo il tempo di gioco dei figli. Tuttavia mi rendo conto che, per una generazione che non è nata con questi strumenti, possa risultare complicato superare la diffidenza e vedere le potenzialità dello strumento, più che i rischi dell’abuso (che, ricordo, è comunque una situazione-limite e non comune).
6. Se dovessi fare una classifica di cosa sia meno stimolante per la mente tra le attività ludiche (videogiochi, tv, libri etc) cosa diresti?
Il videogioco, senza alcun dubbio, è una delle attività di intrattenimento più stimolanti perché il giocatore agisce direttamente sulla storia. Tuttavia non penso che esista qualcosa di “meno stimolante” di altro in assoluto, dipende dalle preferenze individuali. Personalmente, ad esempio, sono un grande videogiocatore tanto quanto un avido lettore. Ogni mezzo è diverso e non esclude gli altri.
7. I videogiochi mi hanno aiutata in un momento molto difficile della mia vita in cui, a seguito del bullismo, ho sentito l’esigenza di isolarmi. Grazie a questi però ho conosciuto degli appassionati tornando così a socializzare. Ti è capitato di trovarti davanti a situazioni simili?
Capisco e condivido l’esperienza.
Spesso la dimensione sociale dei videogame viene sottovalutata da
coloro che non li conoscono. Che sia online o offline, la
condivisione di un’esperienza di gioco è terreno fertile per la
socializzazione e l’apertura verso il mondo esterno. Basta guardare
il fenomeno “Pokèmon Go” per rendersi conto che i videogiochi
possono essere molto più che qualcosa da fare soli nella propria
camera.
8. A cosa è dovuta la cattiva reputazione dei videogiochi secondo te?
Probabilmente ai media. Vedo e leggo spesso parecchi articoli che additano i videogiochi come capro espiatorio quando si parla di disgrazie o cattive abitudini. Purtroppo, dietro questi articoli, non c’è ricerca e non c’è nessuna consapevolezza, solo preconcetti.
C’è da dire che solitamente chi critica i videogiochi non ne ha mai provato uno, oppure gioca ai “giochi da cellulare” (come Candy Crush) senza sapere di rientrare nelle statistiche come videogiocatore. È per questo che, durante i nostri incontri, consigliamo sempre ai genitori di provare a giocare con i propri figli, cercando di osservare e capire il tipo di emozioni che si provano giocando.
9. Ci sono dei titoli che sono sicuramente inadatti ad un pubblico minorenne ma spesso sono gli stessi genitori che ignorano la classificazione PEGI. Semplice menefreghismo o c’è altro?
Durante i nostri workshop e conferenze riguardo l’educazione ai videogiochi abbiamo visto che, mediamente, il 90% dei genitori non conosce il sistema PEGI, al contrario dei figli, tutti preparatissimi in merito. Quindi il rischio di comprare videogiochi con contenuti non adatti all’età del proprio figlio è altissimo. Non penso che si tratti di menefreghismo; dalle nostre esperienze in molti casi è semplice ignoranza, in altri è rifiuto di tutto ciò che è legato al mondo dei videogiochi (il classico “vedi tu, io non ci capisco niente di queste cose”) che rimanda decisioni importanti ai figli stessi.
Tuttavia è importante diffondere conoscenza anche su questo, in quanto rappresenta un altro fattore che può generare false credenze sul rapporto videogiochi-violenza: molti genitori vedono videogiochi con contenuti violenti senza però sapere che quel tipo di contenuto è destinato a un pubblico maggiorenne.
10. Ti chiedo un piccolo regalo, consiglia un gioco con cui partire per bambini, uno per adolescenti e uno per adulti.
Per bambini sicuramente Minecraft, un videogioco per ogni piattaforma adatto a tutte le età, che può essere usato quindi in famiglia. È un videogioco in cui il giocatore può essere libero di costruire strutture in un mondo di cubi che stimola molto la creatività.
Zelda Breath of the Wild è un titolo che consiglio agli adolescenti. È un videogame che, malgrado la trama relativamente semplice, possiede un gameplay unico, che permette al giocatore di sentirsi libero nell’esplorazione del mondo di gioco, sperimentando più soluzioni per risolvere i problemi
Il gioco più difficile da consigliare è quello per gli adulti. Consiglierei quindi i titoli della Quantic Dream, come Heavy Rain o Beyond Two Souls, avventure grafiche simili a film, con la caratteristica di essere interattivi e fornire un’esperienza unica al giocatore.
Ringraziamo ancora una volta Andrea per la sua disponibilità e professionalità e speriamo di rivederlo presto perché abbiamo ancora parecchie cose da dire sul mondo dei videogiochi!
Alla prossima, vostra T.