Cos’è davvero l’omofobia?

Il 17 maggio ricorre la Giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia (DAHOBIT acronimo di International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia).
Arrivare a questo importante traguardo non è stato semplice e affinché questa giornata non sia come tutte le altre, ti racconterò alcuni aneddoti importanti e ti descriverò brevemente i motivi per il quale celebrare questa data diventerà sempre più significativo.

COS’È’ L’OMOFOBIA?

L’omofobia è la paura e l’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità, della bisessualità e transessualità. Nell’omofobia, quindi, non troviamo soltanto gli aspetti legati al desiderio sessuale e alla sua espressione, ma anche l’identità di genere e altre “sfumature” personali.
Per questo, con omofobia possiamo classificare tre grandi accezioni che tendono a fondersi l’una con l’altra.

L’accezione pregiudiziale considera come omofobia qualsiasi giudizio negativo nei confronti dell’omosessualità. Nella formazione del pregiudizio, si genera un falso costrutto che viene assunto come veritiero ed esteso a tutta una categoria come, per esempio, la concezione che l’omosessualità sia patologica, deviante o contro natura. L’accezione pregiudiziale si fonda sull’errore logico del “contro natura”, portando un concetto biologico errato dentro la prospettiva sociale. Per toglierti qualsiasi dubbio, sappi che l’omosessualità è un fenomeno molto diffuso tra gli animali, in particolare nelle specie con strutture sociali complesse.

L’accezione discriminatoria considera come omofobia tutti quei comportamenti riconducibili al sessismo che ledono i diritti e la dignità delle persone omosessuali sulla base del loro orientamento sessuale. In questa dimensione troviamo gli agiti violenti e quelli discriminatori.

L’accezione psicopatologica considera l’omofobia come una fobia, cioè una irrazionale e persistente paura e repulsione nei confronti delle persone omosessuali che compromette il funzionamento psicologico della persona che ne presenta i sintomi. L’omofobia è considerata una paura in senso stretto, ovvero non come pregiudizio negativo nei confronti dell’omosessualità quanto piuttosto una dinamica irrazionale legata ai vissuti personali del soggetto.

Noterai che i primi due punti hanno in comune elementi come rabbia e odio, mentre il terzo è costituito da paura e ansia.

Questi elementi li troveremo più avanti e ci aiuteranno a capire meglio (anche con un po’ di provocazione) perché definire l’omofobia è stato in realtà un grandissimo passaggio per arrivare alle prime conquiste del mondo LGBTQ+.

Omosessualità da malattia a variante non patologica del comportamento sessuale

Fino agli anni ’70, l’omosessualità era considerata una malattia mentale e veniva “curata” con pesanti farmaci, lobotomia o elettroshock. La prima edizione del Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali (DSM), considerava l’omosessualità come un disturbo sociopatico della personalità, mentre la seconda edizione del 1968 l’identificava come una deviazione sessuale, al pari della pedofilia o della necrofilia.
Purtroppo, la storia del mondo c’insegna che individui o gruppi sociali che si differenziavano dalla maggioranza dominante, ad esempio per il colore della pelle, credo religioso o sesso, siano state vittime (purtroppo anche adesso) di oppressione e sterminio. Vecchie e nuove dittature, di stampo politico o religioso, inserivano le persone omosessuali nel gruppo dei deboli da opprimere.

Nel 1966 lo psicoterapeuta George Weinberg coniò il termine “omofobia”, capovolgendo la prospettiva secondo cui le persone omosessuali erano malate e addossando, invece, agli omofobi una forma di patologia. Nel 1972 scrisse il libro “Society and the Healthy Homosexual “ dove non solo affermava il principio della non patologia nell’omosessualità, ma spronava i colleghi e tutto il mondo “psy” a superare la barriera del pregiudizio. Per Weinberg l’omofobia è una “fobia operante come un pregiudizio”, quindi benché non riconosciuta come fobia vera e propria, ha al suo interno pensieri, idee, opinioni che provocano emozioni quali ansia, paura, disgusto, disagio, rabbia, ostilità nei confronti delle persone omosessuali .
Grazie a Weinberg, non solo l’omosessualità non era il problema, ma l’omofobia maschera rabbia e odio ingiustificati. Riconoscere l’ omofobia significa superare l’idea della bizzarria, della malattia e della “non normalità” nell’omosessualità e riconoscere la persona per quello che è una persona.
L’American Psychiatric Association che redige il DSM, iniziò a de-patologizzare l’omosessualità, togliendo dal manuale “l’omosessualità egosintonica”, ma continuando a considerare “l’omosessualità egodistonica” come disturbo mentale. Nel 1990 venne approvata la completa eliminazione dalla lista dei disturbi mentali e il 17 maggio, l’ OMS accettò e condivise questa scelta, depennandola anche dall’International Classification of Diseases.

Ad oggi, l’omosessualità è considerata “variante non patologica del comportamento sessuale. “

IL 17 MAGGIO 2004

Louis-Georges Tin, scrittore e attivista per i diritti LGBT, ideò la prima giornata mondiale contro l’omofobia, facendola coincidere con il 17 maggio, data storica che aveva dato sollievo a milioni di persone.
Nel 2007, l’Unione Europea ha istituito ufficialmente la giornata contro l’omofobia:
«Il Parlamento europeo […] ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni;»
«esprime la propria solidarietà e il proprio appoggio agli attivisti dei diritti fondamentali e ai difensori della parità di diritti per i membri della comunità LGBT»

e

«[…] condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli» 1
Tanto è stato fatto, ma molto è ancora da fare. Il pregiudizio e le “fake news” sul tema dell’omosessualità, dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, sono ancora forti e persistenti.

I cenni storici che ho descritto non sono esaustivi (ti consiglio di leggere anche i moti di Stonewall e gli studi di genere 2), ma rappresentano dei momenti importanti, dove la coscienza civile ha iniziato a cambiare. A volte, purtroppo, questi pregiudizi rimangono vivi e duri a sparire, altre volte la sensibilizzazione sul tema appare scarna o poco interessante ai più, nonostante l’impegno messo in movimento dalle persone che desiderano vivere e lasciar vivere il proprio desiderio di realtà.

Ringraziamo ancora una volta il Dott. Matteo Merigo ma anche tutte le persone che hanno inviato le loro domande!

Dott. Matteo Merigo
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo Associato A.M.I.S.I.
Via Zanardelli 76 – Concesio – +39 3470345785

1Collegamento al sito del parlamento europeo

2 – Gli studi di genere non sono da confondere con l’idea complottistica della “ideologia di genere”. Mentre i primi analizzano l’espressione del genere in base a cambiamenti storici, sociali e culturali, i secondi sono una becera distorsione interpretativa di stampo fanatico religioso.

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