“La classe degli asini”: per imparare a mettere il mondo sottosopra, quando serve

“La classe degli asini” (disponibile su Raiplay) è un film diretto da Andrea Porporati ed ispirato alla storia di Mirella Antonione Casale e alla sua sperimentazione per l’inclusione dei disabili in quelle che allora venivano definite “classi normali”.

Tale progetto sperimentale fu fondamentale per la proposta
legale della Falducci del 1975, un documento che diventerà la magna carta per l’integrazione
degli alunni portatori di handicap.

Il film si apre con Mirella Casale, magistralmente interpretata da Vanessa Incontrada, ancora professoressa che accudisce sua figlia, fortemente compromessa a causa di una meningite in età pediatrica. Mirella è una donna forte, che nonostante l’ambiente maschilista cerca di assumere il ruolo di preside. È ancora restia al cambiamento, sente di dover restare ligia alle regole “se la scuola è così, perché cambiarla?”.

Bravissima Aurora Giovinazza nel ruolo di Flavia, figlia di Mirella

Sarà il professor Giuliano (Flavio Insinna) a mettere in crisi
le sue certezze con i suoi metodi stravaganti ma efficaci. Negli anni Settanta
non venivano esclusi solamente i ragazzi diversamente abili ma tutti quelli che
per un motivo o per l’altro non si conformavano alla media.

Come Riccardo, dodicenne meridionale escluso da scuola e mandato
in una classe differenziale. “La scuola deve farsi capire” dice il professor Giuliano
durante la riunione che deciderà di escludere il ragazzo “se escluderemo
Riccardo la scuola sarà come un ospedale che si tiene quelli sani e che caccia
i malati gravi!”.

Alcuni membri del cast.

E così, finalmente Mirella prende il coraggio che le serve per “mettere il mondo sottosopra” e una volta diventata preside integra nella sua scuola ragazzi disabili e quelli che ora chiameremmo BES. Questo nonostante le proteste di alcuni genitori. Proteste, ahimè, che si sentono ancora oggi. Genitori che non capiscono che “seguire il programma” non è tutto e che è molto più importante crescere come esseri umani.

Non solo i diversamente abili giovano del rapporto con i
propri pari “neurotipici” ma è vero anche il contrario, ossia che una classe
che ha la fortuna di avere tra i banchi un ragazzo con qualche difficoltà
possiede una risorsa non indifferente e preziosissima.

Vorrei poter dire che le conquiste sono state fatte ma la strada da percorrere per una reale inclusione di queste persone è ancora lunga e piena di ostacoli. Credo che questo film possa far capire a educatori, insegnanti, genitori e non solo, quanto sia importante per l’intera società sostenere questa battaglia. Perché non esiste un ragazzo “troppo grave”, “si può sempre accendere una lampadina ma ci vuole qualcuno che l’accenda”. Impariamo a fare la differenza.

Un grande abbraccio,

Barbara.

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