Per capire quindi qual è il cibo adatto per iniziare lo svezzamento bisogna partire dalle necessità biologiche del bambino, in particolare dalla composizione del latte (che dovrebbe restare l’alimento principale almeno fino all’anno) e dagli effetti che l’introduzione di nuovi alimenti ha sulla sua salute e sul suo equilibrio metabolico.
Uno svezzamento che segue la fisiologia del bambino in crescita è a base vegetale. La maggior parte delle proposte di svezzamento vegetale prevede un uso immediato abbondante di fibre (cereali integrali, frutta e verdura); tuttavia queste fibre interferiscono con l’assorbimento di altri nutrienti presenti nelle pappe, rendendolo quindi non funzionale ad una crescita corretta.
Inoltre le fibre potrebbero creare interferenze, in quanto, saziando precocemente, rallentano lo svuotamento dello stomaco (nelle diete dimagranti invece fanno un gran bene), ma non forniscono il giusto nutrimento.
Potrebbero anche contribuire a causare reflusso, coliche e stipsi paradossa per aumento del volume fecale. Di quanti bambini ho sentito avere questi fastidi fin da piccoli? Un sacco.
A casa nostra vi assicuro che la stipsi non è un problema; anzi, è tutto il contrario (e la mamma, infatti, è molto fortunata perché cambia un sacco di pannolini). Certo, non sono solo le fibre a creare questi problemi, ma fare un tentativo per vedere se la situazione migliori non guasta. Inoltre anche la presenza eccessiva di prodotti a base di latte vaccino interferisce con l’assorbimento del ferro.
Lo svezzamento tradizionale ha le proteine animali (carne, pesce, formaggi) presenti in entrambi i pasti, in dosi eccessive rispetto ai LARN raccomandati: un bambino di 6-8 mesi necessita secondo i LARN di 10 gr di proteine al giorno; gli schemi attuali più comuni ne forniscono 10 gr a pasto.
Ma questo tipo di svezzamento è comunque il più diffuso soprattutto per motivi culturali che per motivi scientifici, non essendoci dati attendibili a sostegno. Ma rendendo iperproteici i pasti i bambini crescono più velocemente del normale, ma nessuno se ne preoccupa.
L’OMS dice che verso i 6 mesi si può iniziare con lo svezzamento. Perché? Innanzitutto perché a quest’età il bambino inizia a imparare a stare seduto, l’unica posizione in cui la digestione avviene al meglio (se resta semi-sdraiato è più difficoltosa); poi, inizia ad interessarsi di ciò che mangiano i genitori, vuole afferrare e mettere in bocca. In ultimo, inizia a perdere il riflesso di estrusione, cioè di spingere in avanti la lingua facendo pensare che rifiuti l’alimento.
Anche il momento ha la sua importanza: un momento famigliare tranquillo, che non coincida con altri periodi stressanti (per esempio la mamma che torna al lavoro, il cambio d’orari e abitudini, un trasloco, l’inizio del nido o l’inserimento di una tata, un viaggio, il termine dell’allattamento o un periodo di salute cagionevole del bambino).
Una cosa che non viene mai detta è che i bambini, nei primi due anni, hanno necessità nutrizionali diverse da quelle di un adulto, quindi non dovrebbero mangiare da adulti. Inoltre, la masticazione dei cereali necessita dei denti molari. La consistenza degli alimenti non deve perciò seguire l’età del bimbo, ma il numero e la tipologia dei dentini, per fare in modo che ci sia una buona elaborazione del cibo e non si ritrovino resti nelle feci (quindi non assorbiti dal bambino).
Come già detto l’inizio dello svezzamento è un momento delicato in cui il bambino deve fare proprio un nuovo modo di alimentarsi. Una buona idea è fare si che i primi approcci prevedano cibi semplici e limitati, cosicché il bambino conosca e possa poi riconoscere un alimento per volta. Come il buon senso ci fa dire, è meglio iniziare con cibi meno allergizzanti, in piccole quantità e attendere un paio di giorni prima di riproporlo, per controllare che non insorgano reazioni avverse.
Somministrato una seconda volta senza problemi, il giorno successivo provare un nuovo alimento e così via. Inoltre, meglio fare gli assaggi durante la prima parte della giornata così da valutare eventuali reazioni perché se succedesse la sera sarebbe più complicato rimediare.
Iniziare anche a farlo sperimentare con il cucchiaino, che, all’inizio, sarà solo uno strumento per fare musica e per essere assaggiato in sé e per sé, poi pian piano qualcosa che lo aiuta a mangiare.
Nel mio caso, per praticità, ero io ad usare un cucchiaino per dare la pappa, mentre ne lasciavo un altro in mano al mio bambino. Collaborazione. Inoltre, personalmente non ho mai comprato i cucchiaini sponsorizzati per i bambini: a mio parere sono troppo grandi per la loro bocca. Un banalissimo cucchiaino da caffè fa il suo dovere senza far spendere ulteriori soldi. Idem poi per la forchettina da dolce quando sarà il momento.
Quindi a 6 mesi si inizia a sedersi sul seggiolone, con piatto e cucchiaino. Si può considerare il periodo tra 6-8 mesi di primo approccio e di conoscenza. Si passerà da qualche cucchiaino di assaggio ad una pappa completa con la quale il bambino riuscirà a saziarsi. Ognuno ha i propri tempi, così come in tutte le cose, a maggior ragione in una rivoluzione come la pappa.
Per 6 mesi il latte è ciò che lo sazia; e passare alle pappe, e capire che quelle saranno la fonte di nutrimento non può essere immediato. Il problema principale quindi non è fargli mangiare subito tutta la pappa, ma farlo abituare ad un nuovo modo di alimentarsi. Meglio non insistere con gli assaggi se il bambino in quel momento li rifiuta; si aspetta qualche giorno e si riprova. Tutto quello che non assume con la pappa gli arriverà dal latte.
Inoltre è buona cosa non passare troppo velocemente ad una crema consistente perché il bambino ha come unico precedente il latte, che è liquido; quindi se proponiamo una pappa liquida sarà più facilmente accettata e man mano si potrà rendere il pasto più cremoso il pasto. In secondo luogo, il bambino riconosce come unico gusto quello del latte. Per non viziarlo bisogna evitare sale e zucchero per il primo anno, in modo che i nostri figli riconoscano gusti autentici. In particolar modo i dolci, oltre a interferire con il gusto possono favorire la carie. Anche il biscotto è inutile: serve solo a noi per sentirci a posto con la coscienza. Il latte basta e avanza.
Inoltre, come già accennato, evitare le fibre, o comunque limitarle molto. Usare quindi cereali raffinati, legumi decorticati, brodo filtrato senza verdure lesse, poca frutta (soprattutto se cotta) e solo verso il compimento del primo anno. Introdurre il glutine dopo l’anno di vita dovrebbe aiutare ad evitare l’”epidemia” di intolleranza al glutine attuale ( e anche al riguardo ce ne sarebbe da discutere).
Valutare la dentizione del bambino e adattare le consistenze in base al numero di denti cresciuti (e non alla tabella del pediatra). Usare alimenti di stagione, meglio se biologici, di provenienza locale. Almeno provarci per quanto possibile.
Nel libro che ho seguito – I primi mille giorni di L.Proietti e S.Bietolini – è poi descritto in modo particolareggiato come fare il brodo, quali alimenti inizialmente proporre e come proseguire fino ai 2 anni.
Non sempre ho trovato alcuni dei prodotti consigliati, ma ho potuto ovviare con qualcosa di molto simile. Ad esempio: si fa fatica a trovare le creme di cereali istantanee che non contengano il cereale integrale . Per il mais ho comprato una normalissima farina di mais. Per gli altri cereali si possono tranquillamente usare quelli in chicco, cuocerli un po’ di più e frullarli una volta cotti. Posso dire che non è così complesso rispetto ad uno schema “tradizionale”. Con un minimo di organizzazione sono sempre riuscita a preparare brodi e omogeneizzati di legumi anche se lavoravo a tempo pieno. E anche con i costi non c’è una gran differenza: ormai la maggior parte dei cereali e dei legumi, anche raffinati e decorticati, si trovano facilmente al supermercato a prezzi accessibili.
Sono stata soddisfatta dei risultati ottenuti: il primo figlio mangia qualsiasi cosa e non trovo difficoltà a fargli mangiare verdure, frutta, cereali particolari o legumi. La sua crescita è sempre stata nella norma e non ha avuto nessun grosso problema di salute. Sto riproponendo lo stesso percorso alla seconda figlia, che, ugualmente, mangia senza troppe difficoltà qualsiasi pappa le prepari. O sono un gran fortunata o forse un approccio di questo genere può aiutare i bambini a imparare ad apprezzare diversi cibi e a crescere sani.
Anche volendo essere più flessibili, nessuno impedisce di personalizzare ulteriormente l’approccio. Se uno non è disposto ad abbandonare la carne, si può sempre introdurla, magari alternandola ai legumi.
Devo dire che proporre 8 cereali (senza glutine: riso, mais, miglio, grano saraceno, sorgo, quinoa, amaranto, teff) e 9 legumi diversi (lenticchie, ceci, piselli, fagioli azuki, fagioli dall’occhio, cannellini, borlotti, corona, neri) nel periodo tra i 6 e 12 mesi, aumentando a 13 cereali (si introduce il glutine con farro, avena, kamut, segale e grano) e a 12 legumi differenti (cicerchie, fave, lupini) fino ai 2 anni mi sembra una proposta nutrizionale variegata. Di sicuro non mangiano sempre la solita pastina.
Inoltre usare i cereali in chicco aiuta perché essendo chicchi essendo già piccoli per natura e facilmente masticabili. L’unica vera seccatura sono i vari tipi di fagioli che non si trovano decorticati e bisogna metterli in ammollo una notte, sbucciarli uno a uno, cuocerli e passarli. Oppure cuocerli e usare un passacereali per eliminare più fibre possibili. L’amore di mamma passa anche da qui (figli ricordatevelo).
Come già detto, siamo noi a scegliere per i nostri figli e quindi cerchiamo le soluzioni che meglio si adattano alla nostra famiglia. La cosa fondamentale, a mio parere, è essere consapevoli delle nostre scelte e, una volta che siamo ben informati agire di conseguenza.
Ovviamente parlo in linea generale di bambini sani, senza particolari problemi di salute e che crescono bene. Per i casi particolari è necessario discuterne con figure competenti e valutare di volta in volta se il nostro approccio sia il miglior, adeguandosi di conseguenza.
Ricordiamo che l’articolo riporta una testimonianza: non ha valore di raccomandazione e non sostituisce in alcun modo le indicazioni di una figura professionale formata in campo medico e/o nutrizionale.
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