Per parlare di svezzamento, bisogna prima parlare di allattamento, perché per tutti i bambini il primo cibo è il latte.
Ho seguito un corso preparto che non è entrato nel merito di una cosiddetta “alimentazione alternativa”, ma, di sicuro, ha molto insistito sull’allattamento al seno. Da qualche anno a questa parte si è di nuovo compreso come il latte materno sia il migliore per il proprio figlio.
Ero entusiasta di queste informazioni e non vedevo l’ora di poter allattare il mio bambino così come le donne (fino a sessant’anni fa) avevano sempre fatto. Se ci sono riuscite tutte, chi sono io per non farcela? Poi dovevo sfatare la maledizione per cui “la mia bisnonna non era riuscita, mia nonna non era riuscita e mia mamma idem…”.
Ecco, anche io non ci sono riuscita. Almeno in parte. Ho allattato in modo misto (seno e artificiale) entrambi i miei bambini per motivazioni diverse.
Ma se con il primo ero provata a livello fisico e psicologico (e, solo con il senno di poi, ho fatto pace con me stessa per non avercela fatta), quando è arrivata la seconda ero molto più preparata e serena.
Non sono comunque riuscita a fare un allattamento esclusivo al seno, sono però consapevole del fatto che sia stata la scelta migliore. Mi consolo dicendomi che qualcosina ho fatto; le balie per allattare sono, non a caso, sempre esistite.
Non intendo assolutamente demonizzare chi allatti con il latte artificiale; so bene cosa voglia dire non riuscire e non avere quindi altra scelta (nonostante le pressioni dall’esterno).
I figli crescono lo stesso, ma è giusto che venga fatta una corretta informazione sulla differenza tra allattamento al seno e artificiale, e su come questo possa influenzare la salute futura dei bambini. Avere a disposizione le giuste informazioni ci aiuta a capire cosa sia meglio, cosa possiamo fare per metterlo in pratica e quali alternative abbiano. Solo così la scelta potrà davvero essere consapevole. Poi si fa quel che si può con ciò che abbiamo a disposizione.
In natura non esiste un cibo che possa sostituire in maniera perfetta il latte materno, poiché questo è specie-specifico. Quando l’allattamento al seno non è possibile, per i più svariati motivi, si usano le “formule”. Il latte formulato è stato modificato a partire dal latte vaccino per renderlo adatto al neonato; usare semplicemente il latte di altri mammiferi, come è avvenuto in passato, si è rivelato inadeguato in quanto la diversa composizione, soprattutto per l’alta percentuale di proteine e sali minerali, portava spesso a morte per diarrea putrefattiva.
In maniera analoga, diluirlo non risultava efficace perché si perdevano lattosio e grassi sufficienti per sfamare il bambino. Quindi, all’inizio del Novecento, si è riusciti a studiare una formula per rendere il latte, a livello di composizione, il più vicino possibile a quello materno, adatto ad essere assunto dai lattanti.
Inizialmente aveva un costo proibitivo, ma, dopo la metà del secolo, una produzione industrializzata ne ha permesso una diffusione maggiore.
Ad ora i latti formulati sono l’unica alternativa adeguata almeno fino all’anno, meglio ancora fino ai 2 anni (rispetto al normale latte vaccino). La composizione delle formule è precisata da commissioni istituzionali (in Europa l’ESPGHAN: European Society for Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition).
I latti formulati variano per quantità di nutrienti ( proteine, grassi, zuccheri) e qualità dei nutrienti. Per quanto riguarda la qualità dei nutrienti ci sono due categorie di componenti: quelli raccomandati (zuccheri, grassi, proteine, vitamine, sali minerali) e quelli opzionali (nucleotidi, acidi grassi polinsaturi a catena lunga, lattoferrina, oligosaccaridi).
Per legge in Italia tutti i latti formulati di tipo 1 hanno identici componenti raccomandati, pertanto, la scelta di una marca piuttosto che un’altra è indifferente (in caso di difficoltà il pediatra saprà indicare una marca specifica per la necessità del lattante, valutando caso per caso).
I latti formulati vengono ulteriormente distinti in:
– latte per lattanti da 0 a 5/6 mesi;
– latte di proseguimento da 6 a 12 mesi;
– latte di crescita da 1 a 3 anni.
Differiscono per quantità di proteine e componenti opzionali, ma indispensabili nei primi mesi (non dopo i 6/12 mesi). Alcune ditte invece hanno un’unica formula per tutto il primo anno. In natura il latte materno non cambia composizione (se non nei primi giorni) per tutta la durata dell’allattamento, così come non cambiano quei nutrienti presenti solo nelle formule n. 1 indispensabili per sopravvivenza e crescita, quindi non c’è un motivo reale per differenziare.
Da un punto di vista di composizione proteica ne esistono di tre tipi: da latte vaccino, da bevande vegetali (soia o riso), o idrolisati da proteine vaccine.
La legislazione prende in considerazione solo le formule da latte vaccino in quanto le sperimentazioni nelle cliniche sono effettuate solo con quelle. Pertanto, i lattanti che necessitano delle formule vegetali si trovano in difficoltà. Inoltre, le ditte produttrici di tali formule non hanno profitti, togliendole dal commercio.
Le sperimentazioni sull’adeguatezza nutrizionale e allergicità delle “formule” vengono eseguite solo con latte formulato a base vaccina; ne consegue che le Linee Guida Nutrizionali a cui i pediatri devono attenersi contemplano solo queste formule, in quanto quelle a base di proteine vegetali, non essendo state “provate” non possono essere consigliate come adeguatamente nutritive da parte delle società scientifiche.
Si sorvola però sul fatto che ci siano studi che hanno rivelato come, nei soggetti predisposti, l’uso delle proteine vaccine possa scatenare alcune malattie (diabete di tipo 1, obesità, asma, celiachia) e conduca il mercato a non produrre latte formulato di soia per difficoltà nel reperire soia non OGM, vietata nei prodotti per l’infanzia.
In Europa e negli USA l’uso del latte vaccino, largamente disponibile, a basso costo e culturalmente accettato ha fatto in modo che l’invenzione delle “formule” derivasse da esso. In Asia, di contro, si studiarono formule basate sulla soia per gli stessi motivi. Dopo aver scelto quali proteine utilizzare, si pensò a quante bisognasse usarne per permettere una giusta crescita del bambino. Si è sempre ritenuto che fosse meglio abbondare; invece si è capito recentemente che troppe proteine portano più facilmente alle malattie, sempre più precoci e sempre più diffuse.
Per i miei bambini, non avendo avuto accesso a tutte queste conoscenze mi sono affidata all’ospedale, al pediatra, al consultorio e al farmacista che mi hanno consigliato un latte formulato a base di latte vaccino. Nessuno si è mai preoccupato di chiedere se potesse interessarmi l’uso di un’altra fonte proteica. Quindi i miei bambini hanno bevuto (e bevono) latte formulato n.1. Per quanto sia venduto solo in farmacia e sia biologico, è stata una scelta “obbligata”.
Ad un certo punto con il primo figlio (che comunque è sempre stato sano, cresceva benissimo e non aveva nessun problema) ho chiesto alla pediatra di poter provare a dargli una latte a base di riso: ha liquidato il mio timido tentativo di discussione con “ma no, è solo per gli allergici”. Non che io me ne sia fatta un problema, ma, per sbatterci contro il naso, mi sono ulteriormente informata sulle formule a base vegetale e ho ordinato in farmacia un latte formulato di riso e la farmacista mi ha subito chiesto se me l’avesse consigliato la pediatra. L’ho pagato il quadruplo rispetto a quello che uso di solito (e qui meglio se sto zitta, ma penso a quei bambini che non hanno scelta e a quei genitori che sono costretti a sborsare quelle cifre).
Con questo esperimento ho capito che i bambini non amano molto le novità. Per loro il gusto del latte è riconducibile solo a quello che sono abituati a bere. Non pensavo che cambiandolo avrei potuto ricevere un rifiuto. Il mio bambino ha bevuto giusto le prime due sorsate (è sempre stato vorace, e quindi non si poneva il problema) e poi stop. Ho provato a convincerlo in più giorni, ma non c’è stato verso. Quindi per la mia testardaggine ho buttato qualche euro.
Con la seconda mi ero posta il pensiero. Mi ero impuntata sul riuscire ad allattarla esclusivamente al seno (e non ci sono comunque riuscita), mentre per il latte artificiale ho tenuto lo stesso latte usato per il primo figlio. Questo perché, da un punto di vista economico, era una scelta particolarmente onerosa, a maggior ragione se fai un allattamento misto, dove non sai quanto il bimbo si sia saziato e vai a occhio sulla preparazione del biberon. Ho buttato un sacco di latte artificiale con lei.
Infine per una questione di praticità: in farmacia lo trovo più facilmente rispetto al latte a base vegetale. Inoltre per procedere con un po’ di buonsenso. Gli estremismi non fanno per me, mi impegno per uno svezzamento migliore e mi tengo il latte formulato più comune.
[Continua]
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