Le 7+1 isole di plastica

Molti di voi avranno sentito parlare dell’isola di plastica, la Pacific Trash Vortex. Un ammasso di plastica, metalli e residui organici che si estende fino a 10 Milioni di km2 (in pratica quanto gli Stati Uniti d’America) e che si sposta seguendo la corrente oceanica del vortice subtropicale del Nord Pacifico.

Tuttavia la Pacific Trash Vortex, situata tra la California e l’Arcipelago Hawaiano, non è l’unica isola di plastica esistente, ne esistono in totale sette e trasportano un totale di 8 milioni di tonnellate di rifiuti. Vediamole una per una.

La South Pacific Garbage Patch al largo del Perù ed è grande 8 volte l’Italia(2,6 milioni di km2) .

La North Atlantic Garbage Patch è la seconda più grande per estensione (4 milioni di Km2) ma la densità di rifiuti supera i 200 000 detriti per km2.

La South Atlantic Garbage Patch situata tra l’America del Sud e l’Africa meridionale si estende per oltre 1 milione di chilometri quadrati.

La Sargassi Garbage Patch, è l’ultima isola di plastica ad essere stata scoperta ed una delle più recenti per formazione.

L’Artic Garbage Patch è la più piccola e si trova nel Mar di Berents nei pressi del Circo Polare Artico e la sua creazione è principalmente causa di noi europei.

La Indian Ocean Garbage Patch si estende per 2 km con una densità di 10 mila detriti per km2.

Infine è stata scoperta un’isola di sporcizia e plastiche anche nel nostro Mar mediterraneo, tra l’isola d’Elba e la Corsica, e pare si estenda per decine di Chilometri!

I rifiuti di queste isole di sporcizia si frammentano ed entrano nella catena alimentare dei nostri oceani. Si è infatti trovata traccia di nanoplastiche anche nel Plancton che ne è alla base. Questo fa si che si verifichi un fenomeno noto come “bioaccumolo” per cui mano a mano che nella catena alimentare oceanica e marina si passa dai predati ai predatori, la concentrazione di microplastiche aumenta sempre di più.

In pratica un predatore noto come lo squalo che mangia un salmone si nutrirà delle microplastiche che quest’ultimo ha mangiato predando una acciuga che a sua volta ha mangiato un piccolo gamberetto facente parte, appunto, del Plancton.

E ovviamente è lo stesso salmone che, condito da metalli pesanti, finisce sulle nostre tavole. Ed è lo stesso pesce che mangiano uccelli marini ed altri predatori terrestri come gli orsi. In tal modo le microplastiche riescono a raggiungere anche gli ecosistemi sulla terra ferma.

Oltre a ciò la diminuzione netta di alcuni esemplari che muoiono per soffocamento o per inedia (molti mangiano talmente tanta plastica dal sentirsi sempre sazi e smettere di cacciare e mangiare), sta mettendo in crisi diversi ecosistemi acquatici.

Si sono pensati diversi sistemi per ridurre queste isole e smaltirne i rifiuti, come ad esempio la famosa macchina di CleanUp. Tuttavia sarà tutto inutile se non impareremo a ripensare alle nostre abitudini incentrare sul consumo! Ognuno nel proprio piccolo può essere fonte di cambiamento semplicemente cercando di essere più consapevole e tentando di sprecare e inquinare meno.

Non è più possibile far finta di nulla, non è più una scelta ma un imperativo morale. Se infatti non inizieremo sin da subito a modificare il nostro stile di vita e continueremo ad inquinare mari ed oceani a questo ritmo, nel 2050 nel mare ci sarà più plastica che pesci. E’ davvero questo il mondo che vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti? Non hanno forse diritto anch’essi ad un futuro?

Per avere qualche dritta su come trasformare il vostro stile
di vita con una serie di abitudini maggiormente sostenibili non perdetevi gli
articoli nella sezione “Vivo Eco”.

Fatemi sapere cosa ne pensate e se eravate a conoscenza di
questo fenomeno.

Un grande abbraccio,

Barbara.

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