La diversità è haiku

Questa settimana parliamo proprio di questo argomento, la diversità.
Mentre riflettevo su cosa potessi scrivere e come avrei potuto trovare un haiku che rispecchiasse questo concetto complesso, improvvisamente una riflessione.
Gli haiku sono già diversità.

Un modo diverso di fare poesia, un modo diverso di concepire il mondo, le parole, gli attimi che fuggono, cercando di non ammorbarli con fiumi di parole ma scegliere quelle più giuste, che calzano a pennello. Sforzarsi di trovare il mattoncino giusto senza forzare la casa a stare in piedi. Ne servono giusto una manciata… di parole intendo.

La cultura è ciò che influenza l’arte e l’essere umano. Ci si impegna per mantenere tradizioni antiche, usanze e linguaggi.
Se questo fosse vero non saremmo cambiati rispetto a 100 anni fa.
Quindi è l’uomo a creare la cultura?
Se così fosse com’è possibile che alcune tradizioni disumane, che nulla hanno a che fare con l’arte, si mantengano ancora oggi?

Nella mia vita mi sono trovata ad essere esclusa, bullizzata, allontanata dagli altri perché diversa per mille motivi.
Perché portavo gli occhiali, perché obesa, perché nata al sud, perché mi piaceva disegnare e addirittura perché amavo cantare…

Ho odiato e amato al tempo stesso tutte queste me, poi ho capito che tutte le persone sono fatte da piccoli mattoncini e siamo splendide case che, se hanno basi solide, nessuno butta giù.

Vogliamo tutti omologarci ed affermarci al tempo stesso.
Cerchiamo tutti approvazione ma se per sbaglio ci dicono che siamo uguali a qualcun altro ci offendiamo, dichiarandoci lesi nella nostra originalità.

Cosa vogliamo davvero?
Cosa significa essere diversi?
Da chi? Da cosa?
Siamo altro dall’essere esseri umani?

Lascerò rispondere un haiku.

わたくしの骨とさくらが満開に

watakushi no hone to sakura ga mankai ni

Le mie ossa
e i fiori di ciliegio,
sbocciati.

Yasuyo Ohnishi

Alla prossima, vostra T.

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