Orientamenti sessuali a cura del Dott. Matteo Merigo

Nei miei vecchi articoli, abbiamo visto alcuni termini legati alla sessualità e alla complessità dell’individuo. Mi sono soffermato in particolare sulla differenza tra gli elementi che costituiscono l’identità e quanto l’attrazione romantica e sessuale siano un modello che non rappresenta “tutto” l’individuo, ma che possono influire sulle scelte della persona.

Ora, in questo articolo, mi soffermerò sull’orientamento sessuale e su alcune considerazioni che, nel corso della storia, hanno permesso alla comunità LGBT+ di far conoscere la propria identità. Gli orientamenti sessuali, attualmente riconosciuti, sono l’eterosessualità, l’omosessualità, la bisessualità, la pansessualità, la polisessualità, l’asessualità, ma poiché il mondo della sessualità è ricchissimo di sfumature, altri orientamenti si collocano nel mezzo, proprio per mostrare come il modo del rapporto con l’altro, sia unico e personale.
Perdonate quindi se oggi mi soffermerò solo su alcune di queste e accantonerò altre, ma è solo perché meritano approfondimenti futuri e ben dettagliati.
Infine, in questa descrizione, non parlerò di transgender e altre sfaccettature identitarie, allo scopo di dar spazio solo all’orientamento.  

ORIENTAMENTO ETEROSESSUALE: Per definizione, l’eterosessualità descrive la comparsa, preponderanza e piena consapevolezza, di sentimenti, pensieri erotici e fantasie sessuali che riguardano persone del sesso opposto al proprio. Poiché l’orientamento sessuale non è rigido e fluido (capirai meglio più avanti questo concetto), la preponderanza diventa l’elemento che fortifica il concetto di attrazione. 
Chiariamo, ci sono persone che vivono l’orientamento in maniera esclusiva, altre che possono aver fugaci fantasie che escono dalla linearità del proprio pensiero, altre ancora che sperimentano e cercano di comprendere se esiste realmente una “impermeabilità”, oppure se possono vivere in modo allargato il sentimento e il proprio essere.
A volte mi sento chiedere da alcune persone “Dottore, ho provato attrazione per una persona del mio stesso sesso. Vuol dire che STO diventando bisex/lesbica/gay?”, oppure “Ho avuto un rapporto con una persona del mio stesso sesso. Vuol dire che SONO bisex/lesbica/gay?” 
La domanda generalmente viene portata con grandissima angoscia (maggiormente dagli uomini che dalle donne e potrei parlarvene per ore del “perché” questo accade) , come se una malattia latente tentasse di di farsi strada incrinando le convinzioni di tutta una vita. L’idea in questa richiesta, da parte della persona, è di comprendere se si sta avvicinando una sorta di marchiatura a fuoco della sessualità e la sostituzione con una nuova etichetta indelebile che segnerà la vita del soggetto.
In tutte le definizioni dei vari orientamenti i concetti di preponderanza e piena consapevolezza possono aiutarci a fugare i dubbi. Riconoscere la bellezza dell’altro o una sorta d’attrazione , non significa necessariamente spostarsi da un’etichetta all’altra, ma realmente riconoscere quali aspetti ci attraggono, con la coscienza che “il bello” e “l’attraente”, esistono anche in persone del nostro sesso. 

ORIENTAMENTO OMOSESSUALE
Termine opposto all’eterosessualità, l’omosessualità comporta l’attrazione romantica e/o erotica, stabile e duratura nei confronti di persone dello stesso sesso.
Non mi dilungherò nel descrivere questo orientamento, semplicemente perché ho scritto e parlato per lungo tempo, in particolare durante la giornata mondiale contro l’omo/lesbo/bi/transfobia con le dirette di Persona360° e durante il mese del Pride, focalizzandomi su alcuni aspetti che ritengo estremamente importanti per la società civile (cito al solito la battaglia di George Weinberg e i moti di Stonewall). C’è un dato che mi pare molto interessante, ovvero che “ tra il 40 e il 60% degli uomini gay e tra il 45 e l’80% delle donne lesbiche sono correntemente impegnate in una relazione sentimentale” (APA).
Perché voglio sottolineare questo dato?
Molti soggetti che cavalcano l’onda dell’omofobia considerano il mondo gay come il pianeta della perversa e malata promiscuità, dove la natura dell’attrazione non risiede nella possibilità di innamorarsi concretamente di qualcuno, quanto nella mera dimensione goliardica sessuale. In sostanza, secondo questo pensiero, il sesso gay è un promiscuo “fast food” degli istinti che poco ha a che fare con l’amore.
Questo pensiero purtroppo è presente anche in tante persone omosessuali, le quali desiderano vivere una relazione romantica, ma che per timore dei preconcetti e di entrare in contatto con qualcosa contrario al proprio Io, si negano il sacrosanto diritto alla relazione , isolandosi dalla società. Forse, e lo dico da psicoterapeuta cisgender etero, la vera battaglia delle associazioni LGBT+ non è solo per il riconoscimento dei diritti nei confronti del resto del mondo, ma prima di tutto all’interno del proprio mondo. Poter vivere la relazione in modo costruttivo, non temere il giudizio e, soprattutto, non temere una relazione sana con l’altro, ritengo sia uno dei punti critici da vivere nella propria globalità

ORIENTAMENTO BISESSUALE 
Col termine bisessualità intendiamo l’orientamento sessuale di un soggetto che prova attrazione emozionale, romantica e/o sessuale nei confronti di più di un sesso o genere.
A cavallo degli anni ’50 le credenze sulla sessualità erano ricondotte a due fattori: o un soggetto era eterosessuale, oppure omosessuale. La visione d’insieme prevedeva che gli etero dovessero per forza trovarsi in una relazione stabile unita dal sacro vincolo matrimoniale, eccezion fatta per le figure ecclesiastiche che nel voto di castità erano dispensate (teoricamente) dagli impulsi erotici. L’altra credenza era quella dell’omosessulità nuda e cruda, fissa e stabile, con stigma sociale nei loro confronti . Tempo fa, vi ho raccontato delle battaglie di Weinberg (purtroppo mai tradotto in italiano, se non qualche intervista o pezzi del suo pensiero), dell’idea della “malattia mentale” nelle persone omosessuali e della nascita dei movimenti LGBT, ma un primo segnale di svolta avvenne con la scala Kinsey.
Kinsey, un biologo, non credeva nella fissità delle due sponde della sessualità e nelle regole dell’astinenza. Nel suo pensiero, infatti, il raffronto con il mondo della biologia ed etologia, si scontrava con i dogmi socialmente imposti. Inoltre, le già storicamente ben presenti repressioni contro il mondo gay dell’epoca, fecero nascere in lui l’idea di portar dati scientificamente validi contro l’omofobia ed altri pensieri e comportamenti del mondo attrattivo. Costruì una scala statisticamente valida dove introdusse il tema della bisessualità, della masturbazione femminile (altra idea non socialmente accettata) e i primi concetti legati alla “fluidità” dell’orientamento sessuale, nonché il ruolo dell’attrazione rispetto al comportamento. Notò quindi che 11,6% dei maschi e il 7% delle femmine erano bisessuali, mentre altre percentuali erano riconducibili ad omosessualità attrattive che si modificano nel corso del tempo. Inoltre notò che quasi il 46% dei soggetti maschi ha “reagito” sessualmente a persone di entrambi i sessi nel corso della sua vita adulta e il 37% ha avuto almeno una esperienza omosessuale.
Capirete che dati di questo tipo erano suscettibili di critica perché eticamente e moralmente contrari ai costrutti sociali (tra i critici ci fu anche Marslow, ma più per questioni di metodologia di ricerca che per altro), ma nel suo lavoro successivo, rispose ad ogni singola opposizione portando ulteriori dati a favore del suo studio.
Attualmente la scala viene ancora utilizzata anche se non misura tutti gli orientamenti sessuali (è facilmente recuperabile su internet), ma fu il primo vero studio scientifico legato alla sessualità che aprì le porte a tante altre battaglie. 

bandiera e simbolo della pansessualità

ORIENTAMENTO PANSESSUALE E POLISESSUALE
Quando lessi la definizione di pansessualità, rimasi un po’ confuso perché ci sono dei punti di contatto con la bisessualità e ancor di più con l’orientamento polisessuale . Il bello/brutto della psiche è alcuni concetti non sono immediatissimi da comprendere. Alcuni principi si fondono e confondono gli uni con gli altri ed etichette molto vicine, in realtà descrivono situazioni ben diverse.
Proverò a descrivere brevemente i punti di contatto e di differenza con la bisessualità e la polisessualità.
Una persona pansessuale prova attrazione erotica, sentimentale o amorosa, verso un individuo dando importanza alla personalità dell’altro e allontanando il concetto di genere ( infatti sono detti anche “genderblind”).
Mentre il bisessuale prova attrazione verso persone del proprio sesso e di sesso differente (quindi non necessariamente “M e F”, ma anche transgender e non binary), il pansessuale è “aperto” verso tutti i generi, ma perché pone l’accento sulla persona e sul suo stile d’essere.
Diversa è invece la polisessualità, perché si pone a metà strada tra la bisessualità e la pansessualità: il genere diventa secondario, ma l’interesse verso le caratteristiche fisiche dell’altro son ben presenti. Potremmo dire che mentre la pansessualità apre a tutte le identità sessuali, la polisessualità apre a molte ma non tutte.
I punti di differenza sono quindi nell’attrazione verso due generi di persona (bisessualità), o molti generi di persona (polisessualità) o tutti i generi di persona (pansessualità).
Leggendo questo verrà in mente anche la promiscuità, ma non è così: provare attrazione verso una persona in apertura a diversi generi, non significa essere “libertini”, ma sentire il legame attrattivo verso quella specifica persona.

bandiera che identifica l’asessualità

ASESSUALITA’
Abbiamo parlato di eterosessualità (attrazione verso il genere opposto), di omosessualità (attrazione verso il proprio genere), bisessualità ( attrazione verso “due generi”), di polisessualità (verso molti generi )e pansessualità ( verso tutti i generi) e ci manca l’asessualità, che potremmo tradurre nell’attrazione verso nessun genere. In realtà il termine non è proprio esatto, perché nell’asessuale può essere presente l’amore romantico e sentimentale, ma il focus in questo caso lo mettiamo sull’attrazione sessuale. Forse, tra tutti i termini, quello dell’asessualità è quello più complesso, anche perché per le persone Asex, questo è più simile ad uno spettro che ad un orientamento. O meglio, è un orientamento che al suo interno ha moltissime sfumature estremamente soggettive.
L’asessualità è qualcosa con cui molte persone non hanno familiarità, spesso confondendola con la castità, con la noia della relazione routinaria o la “singletudine” forzata.
Mentre per i casi precedenti può esserci un allontanamento dal contatto intimo basato su norme morali, scelte religiose o difficoltà relazionali, l’asessuale invece non prova attrazione sessuale. Può provare profondo amore verso una persona, ricercare e vivere la coppia, ma il gioco “sotto le lenzuola” non è aspetto primario della relazione. Nel discorso delle sfumature, però, notiamo che alcuni invece vivono il contatto intimo, ma viene vissuto come una piccolissima parte del tutto. 
La domanda, direbbe Lubrano, nasce spontanea: allora come vive la relazione? Ha fantasie o contatti intimi con il partner?
Come abbiamo visto, esistono differenti sfumature nella sessualità e l’asessualità non fa eccezione. Può esserci il contatto intimo col partner, possono essere presenti anche delle fantasie e relazioni stabili, ma la sessualità non è il focus primario. Per esempio, un soggetto asessuale vive la relazione per il rispetto, l’affinità o il piacere di avere una persona accanto. Può anche concedersi sessualmente al partner ed avere fantasie, ma tendono ad essere “momenti di contorno” rispetto al resto.
Infine, in questa piccola ed incompleta descrizione (ci sarebbe molto altro da dire), un piccolo dato statistico: circa l’1% della popolazione si colloca nell’etichetta asessuale. 

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