Il lunedì semplicemente arriva…
Questa mattina non sapevo bene cosa scrivere, lo ammetto candidamente.
Così sono andata a spulciare il mio vecchio blog in cerca d’ispirazione ed ho notato quanto fosse molto più poetico il mio modo di scrivere. Ora è tutto molto più diretto, niente fronzoli, niente aria sognante. Così mi sono chiesta dove fosse finita quella parte di me.
Sicuramente c’è; probabilmente è attualmente relegata in un piccolo ed angusto angolo del mio cuore, se ne sta in attesa, aspetta di poter rialzare la testa e permettermi di sognare un pochino di più. Però c’è e questo mi consola.
Mi sono indurita, l’armatura è tramutata da cuoio ad amianto. Probabilmente sono invecchiata. Non parlo di rughe, ma più di quel sano cinismo (lo vedevo sano sopratutto quando non lo avevo) a cui le troppe delusioni portano.
Ad ogni modo, tornando al blog, mentre sfogliavo le pagine mi sono imbattuta in un haiku che mi ha fatto riflettere su questo aspetto e su un argomento saltato fuori durante una conversazione con un’amica.
Siamo entrambe cantanti, compositrici ed insegnanti di canto perciò è normale che si parli di artisti, del loro modo di fare arte esprimendo i nostri rispettivi pareri. Durante uno scambio Mimma (chiaramente non è il suo vero nome) ha criticato aspramente un paio di artisti perché a parer suo, il loro percorso, i loro testi e la musica non sono granché, troppo semplici e quindi banali.
Ma cosa significa semplicità? Un foglio bianco nel suo essere candido è meraviglioso ma può sembrare banale così, vuoto, inutilizzato, povero di pensieri che non sono ancora stati macchiati d’inchiostro. Una foglia posata sull’erba? Quante gallerie di fotografi ne ritraggo le forme, i colori, il dolce planare. Eppure a guardarla è una foglia, come altre milioni di foglie.
Nel portare avanti la mia tesi, ovviamente opposta alla sua, mi sono espressa con vari esempi e ad un certo punto mi sono venuti in mente proprio gli haiku. Mi è capitato durante la lettura di libri di poesie ricolmi di queste piccole perle di pensare che alcune fossero effettivamente banali, oppure talmente semplici da cercare forzatamente un significato più alto, ampio, aulico.
Molto spesso un haiku è solo un haiku, un ‘immagine che per me, donna con dei privilegi che vive in un mondo “semplice” sono scontati, banali. Quanto era prezioso un tramonto per la gente dell’epoca? Quanto lo è per me che quando vengo sopraffatta dal cinismo di cui sopra, non ne vedo più i colori, le sfumature e tutto diventa anello di congiunzione tra me e l’istante in cui finalmente vedrò il letto!?
Ed ecco l’haiku di oggi…
Tutto è haiku, tutto è vita, esperienza che si tramuta in melodie, gesti e parole che per ognuno di noi hanno diverso significato e peso. Criticare è lecito ma occorre cambiare prospettiva per comprendere davvero le motivazioni che portano a tali pensieri. L’atteggiamento presuntuoso dell’essere umano regna sovrano. Ognuno di noi è tuttologo della vita e sentimenti altrui.
Non funziona così, almeno secondo me. Certo non ci può e non ci deve piacere tutto! Ma uno sforzo per capire perché per quella persona è stato importante creare quella frase, quel quadro, quella poesia è doveroso davanti ad un atto artistico. Se non lo capiamo resta la via dell’accettazione.
Cosa ne pensate cari lettori? Siete del mio stesso avviso? Mi piacerebbe avere un confronto! Vi ricordo che possiamo leggervi qui sotto nei commenti oppure potete usare l’apposito form nella pagina dei contatti!
Alla prossima, vostra T.