Nell’articolo precedente ho chiarito il perché di una scelta nutrizionale della mia famiglia. Ora vediamo cosa la storia ci racconti al riguardo. Da qualche decennio a questa parte, possiamo ritenerci molto fortunati ad avere una disponibilità di cibo sufficiente, senza dover patire la fame. Spesso sento dire dagli anziani che la carne si mangiava poco e i dolci rimanevano un sogno. Così, quando si è potuto, si è andati a cercare proprio questi cibi che erano rari e desiderati. Infatti siamo passati dall’essere poco nutriti a iper nutriti.
Forse è il caso di porsi qualche domanda su quale sia l’alimentazione migliore per la nostra salute, cercando di essere meno coinvolti da pubblicità, interessi finanziari e politici o tradizione (intesa come “va bene così, perché si è sempre fatto così”).
Per quanto penso che, ogni tanto, sia giusto togliersi lo sfizio di un certo cibo, in linea generale, è meglio arricchire la nostra esperienza con qualche considerazione in più. Sicuramente il principio dell’evidenza scientifica non può essere applicato in modo netto in questo campo perché le variabili sono troppe. È necessario personalizzare l’approccio in base alle informazioni più accurate ed aggiornate e capire cosa sia meglio per noi e per i nostri figli.
Si parla spesso di prevenzione, però non consideriamo mai come anche l’alimentazione possa essere un modo per prevenire alcune malattie. Le patologie che negli ultimi sessant’anni hanno preso il sopravvento sono, tra le altre, obesità, diabete, allergie, pubertà precoce, infezioni respiratorie recidivanti, stipsi, malattie infiammatorie intestinali, tumori…
A prima vista ce ne sono parecchie che possiamo collegare a ciò che mangiamo. È certo che non ci sia sempre una conseguenza diretta, ma che intervengano anche altri fattori. Possiamo dare la colpa alla genetica, ma si è scoperto che nemmeno questa è sufficiente, da sola, a scatenare la malattia. Altrimenti saremmo destinati in partenza.
Sono in corso vari studi volti a dimostrare come l’alimentazione possa svolgere un ruolo nella prevenzione di malattie o aiutare durante le stesse, cercando di contenere alcuni sintomi. Sorvolo sul fatto che, per esperienza diretta, molti medici releghino l’argomento “cibo” a vecchie conoscenze apprese all’università.
Dal momento che il cibo è qualcosa che ci riguarda tutti i giorni dovrebbe essere a maggior ragione valutato più attentamente. Per la mia famiglia vorrei farne una priorità e, come tutte le scelte di un genitore, ritengo dovrebbe essere valutata al meglio e non lasciata al caso.
L’istinto della fame per noi è in qualche modo inibito, ma fino a non molto tempo fa (e ancora oggi in altre parti del mondo) non avere da mangiare era qualcosa di cui preoccuparsi giornalmente. Questa paura ci porta quindi a pensare che mangiare di più sia meglio che mangiare di meno. Ma oggi, dopo tutti gli studi fatti, si è capito che la salute è connessa al poco e non al troppo. Invece, tutte le nostre nonne ci hanno sempre riempito e vorrebbero riempire i nostri figli per paura che abbiano mangiato troppo poco. Così una brava mamma controlla le tabelle di crescita che il pediatra compila ad ogni visita filtro e si domanda se, per caso, il fatto che la curva di crescita sia leggermente scesa non sia indice di qualcosa che non va.
Quando però l’OMS ha pubblicato nel 2008 una ricerca aggiornata sulla crescita dei bambini nelle diverse parti del mondo, si è visto come questa dipenda dal tipo di allattamento e dalle modalità di svezzamento. Le tabelle dei nostri pediatri risalgono agli anni ’60-’80 e sono state create all’epoca basandosi su bambini che venivano allattati pochissimo al seno, che bevevano latte formulato o vaccino a pochi mesi e che, altrettanto presto, venivano svezzati con cibi altamente proteici. Questo ha provocato un aumento della velocità di crescita, una riduzione della durata dell’accrescimento, la precocità del menarca, maggiore peso e maggiore altezza, un aumento di malattie legate all’eccesso di calorie e di proteine. L’ho potuto osservare anche nella mia famiglia. Mia nonna ha avuto il primo mestruo a 16 anni e, anche se tardiva rispetto ad altre sue amiche, era un’età considerata normale. Io l’ho avuto a 13.
Dovremmo quindi metterci in prima persona a valutare ciò che mangiamo, vedere l’effetto che può avere e agire di conseguenza. Quando ho deciso di mangiare più vegetale ho pensato che valesse la pena provare visto che non poteva nuocermi.
[Continua]
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