Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività, più noto con l’acronimo ADHD, colpisce in Italia il 2% delle persone in età evolutiva ed il 3% degli adulti. Si tratta di un disturbo che può essere diagnosticato solo dopo i 12 anni e che inficia gravemente il funzionamento del bambino in più contesti di vita. Dico questo perché alcune delle caratteristiche con cui si descrivono i bambini ADHD sono perfettamente naturali in bimbi più piccoli poiché non ancora maturi a livello cognitivo o affettivo e perché sia chiara l’intensità di questo disturbo, ben lontano dall’identificare semplicemente un ragazzo vivace.
L’ADHD presenta tre sintomi primari:
-La difficoltà a mantenere l’attenzione. Questi bambini passano da un gioco all’altro rapidamente e senza portarne a termine nessuno, sono distratti da ogni interferenza esterna, seppur minima, non sono capaci di differenziare i vari stimoli e quindi si distraggono facilmente.
-L’iperattività. Vi è un eccesso nell’attività motoria e vocale. Il bambino ADHD fatica a rimanere seduto composto, è goffo e poco coordinato, è spesso avventato ed attua comportamenti pericolosi.
-L’impulsività. I bambini impulsivi rispondono troppo velocemente, non attendendo che l’insegnante concluda la consegna, si dicono pronti a svolgere il compito ma risultano poi incapaci di farlo. Sono ragazzi che non sanno stare in fila e non riescono ad attendere il proprio turno. Vogliono gratificazioni immediate e sono alla continua ricerca di nuovi stimoli. Vi è una patologica incapacità ad autoregolarsi.
Questo disturbo raggruppa un numero di bambini che possono differire molto gli uni dagli altri. Questo perché esistono dei sottotipi della ADHD. Rispetto ai tre sintomi primari infatti un bimbo può essere iperattivo ed impulsivo ed appartenere al sottotipo iperattivo-impulsivo ma padroneggiare sufficientemente bene i meccanismi dell’attenzione; può peccare solo nell’attenzione ed essere quindi un sottotipo disattento o manifestare tutti e tre i tratti e rientrare nel sottotipo combinato.
Virginia Douglas ha sottolineato la centralità dei deficit cognitivi rispetto a quelli comportamentali nel disturbo da deficit di attenzione ed in effetti, numerose ricerche affermano che i problemi principali riguardano il funzionamento dei lobi frontali che controllano l’attenzione sostenuta, la memoria a breve termine e la correzione degli errori. Questi bambini infatti ha una memoria di lavoro limitata e non riescono a portare a termine una consegna autonomamente ed in modo ordinato senza essere supervisionati. Inoltre la loro capacità di mantenere informazioni nel tempo è limitata rispetto ai coetanei.
Risultano intaccate dal disturbo anche le funzioni esecutive cioè la capacità di attivare, inibire e coordinare i vari comportamenti per raggiungere uno scopo o svolgere attività cognitive complesse. In questi bambini scarsa è anche la capacità riflessiva e la motivazione; non riescono a direzionare le energie necessarie ma le disperdono e faticano quindi a raggiungere quei compiti che invece vedono essere semplici per i coetanei.
Nel bambino ADHD può risultare alterata anche la percezione del tempo: essendo facilmente distratto da più stimoli in continuazione può percepire che sia passato un lasso di tempo maggiore rispetto a quanto sia avvenuto nella realtà.
L’ADHD può portare con sé anche tratti oppositivi provocatori e disturbi della condotta, nel 42% dei casi vede associato un altro disturbo neurobiologico legato all’automatismo degli apprendimenti logico-matematici e della letto-scrittura (i famosi DSA: dislessia, discalculia, disgrafia) e nel 25 % dei soggetti compaiono disturbi d’ansia e dell’umore.
Tutto ciò ha ovviamente ripercussioni secondarie. I sintomi primari nel disturbo da deficit di attenzione recano con sé non solo difficoltà scolastiche ma anche sociali, portano a sviluppare una scarsa autostima e ad avere difficoltà di inserimento nel mondo adulto (a livello sia lavorativo che relazionale). La buona notizia però è che è possibile aiutare questi ragazzi, insegnando strategie e pianificando la didattica in modo da facilitare gli apprendimenti, potenziando la motivazione e allenando le capacità attentive e di autocontrollo.
Fatemi sapere nei commenti se siete interessati ad approfondire queste strategie ed i “trucchetti” per aiutare i bambini con deficit di attenzione in classe. O magari se volete approfondire altri aspetti, come quello della terapia farmacologica che so essere molto chiacchierato e controverso. Rimango ovviamente più che disponibile a rispondere alle vostre domande e a leggere il vostro parere nella sezione commenti del sito o di FB.
Per il momento vi mando un grande abbraccio,
a presto
Barbara.