Time out: sì o no?

Il time out è considerato un metodo abbastanza controverso da molti educatori. È bene ricordare però che, come ogni metodo prevede delle regole e delle condizioni per il suo utilizzo. Per fare in modo che questo metodo sia efficace e non abbia risvolti negativi a livello comportamentale o addirittura emotivo per il bambino è necessario utilizzare il time out nel modo corretto e in maniera consapevole.

  • Perché si utilizza il time out?

Il time out non è una punizione ma una strategia per bloccare un comportamento disfunzionale e permettere al bambino di migliorare il proprio autocontrollo. Il time out non deve essere utilizzato per intimorire il bambino o umiliarlo.

  • Quando usare il time out?

Il time out si utilizza per comportamenti problematici di tipo aggressivo, impulsivo ed ostile. Non utilizzare questo metodo se il bambino non è riuscito in un compito, se è distratto, intimorito o triste, timido o se ha il broncio o ancora se non abbiamo osservato direttamente il comportamento.

  • A che età utilizzare il time out?

Si è osservato che questo metodo sia maggiormente efficace per i bimbi tra i 3 ed i 12 anni.

  • Quanto dovrebbe durare il time out?

Il bimbo viene mandato nel luogo preposto al time out per 1 minuto se ha 3 anni. Per i bimbi più grandi si aggiunge un minuto per ogni anno (per esempio per un bimbo di 7 anni si può fare questo calcolo: differenza sette anni- tre anni= 4 anni e aggiungere 1 minuto per un totale di 5 minuti).

  • Come deve essere il luogo preposto per il Time out?

Neutro, privo di stimoli.

Non deve consistere in un angolo morbido ma avere una semplice sedia per permettere al bambino di sedersi. Il timer deve essere abbastanza vicino perché il bambino lo senta suonare.

  • Cosa fare prima di inserire questo metodo?

Fare una lista dei comportamenti disfunzionali del bambino e scegliere il comportamento che si ripete con maggiore frequenza o maggiore intensità. Non iniziate applicando il time out ad ogni comportamento: i bambini con più comportamenti problematici passerebbero la giornata in time out senza la possibilità di comprendere i propri errori e vedendo solo crescere la propria frustrazione.
Spiegare ai bambini che si inizierà a utilizzare il metodo del time out, in che cosa consiste e del perché lo si utilizza. Potrebbe essere utile fare un cartellone delle regole. Ricordate di esprimere le regole nel cartellone in modo positivo (es. “Rimettere i palloni nella cesta dopo il gioco” invece di “non lasciare i palloni in disordine”) e accompagnarli da una illustrazione.

  • Cosa fare quando si applica il time out?

Il time out deve essere applicato subito dopo il comportamento inadeguato. Senza farsi vedere in collera l’educatore con poche parole ed in tono deciso ma senza urlare dice al bambino di andare in time out.

Non discutere con il bambino durante il time out ma lasciarlo tranquillo fino a che non suona il timer.

  • Cosa fare dopo il time out?

Chiedere al bambino perché è stato messo in time out. Se non sa spiegarlo l’educatore descrive in termini comportamentali l’accaduto, la motivazione per cui tale atto è inadeguato e propone una alternativa a tale azione che sia accettabile.

Porto un esempio che ho realmente vissuto: M. ( 5 anni) tira i capelli al bambino che ha il gioco che lui desidera.

Educatore dopo il time out: “Hai fatto male a F. tirandogli i capelli, la prossima volta che vuoi un gioco prova a chiederlo in modo gentile oppure vieni da me”.

Cosa non dire: “Sei stato molto cattivo, adesso vai a giocare e fai il bravo”.

Bene ricordare che queste conversazioni andrebbero fatte con tono tranquillo e da soli con il bambino. Evitate di utilizzare un bambino come esempio per gli altri redarguendolo davanti a tutti, lo umiliereste e il metodo non risulterebbe efficace ma lesivo.

Infine, monitorate gli effetti del metodo sul comportamento per vedere se si sta mostrando efficace e se sta limitando frequenza ed intensità del comportamento.
Tornando al mio esempio: noto dalle mie tabelle di registrazione che M. nelle prime due settimane ha diminuito il comportamento di tirare i capelli e cerca dei metodi alternativi per ottenere il gioco. Quando cede al comportamento problematico mostra di essersi reso conto dell’errore (guarda subito l’educatore, piange, cerca scuse), talvolta va autonomamente a sedersi dicendomi “vado a pensare” ed infine noto che quando ha l’istinto di tirare i capelli mette in atto dei comportamenti di autocontrollo (guarda in basso, serra i pugni, respira profondamente, si allontana, ecc).

  • Cosa fare se il bambino si ribella al time out?

Aggiungete gradualmente fino ad un massimo di 5 minuti al time out e in seguito prevedete una penalità comportamentale. Mostratevi tranquilli ma decisi, non cedete ai pianti ed alle urla durante il time out. Non mostratevi arrabbiati o vendicativi dopo il time out (ricordatevi che state agendo per il bambino e non per vostro interesse), non scusatevi con il bambino per averlo messo in time out (non coccolatelo e non costringetelo a chiedere scusa o a darvi un bacio/ abbraccio).

  • Cosa tenere bene a mente?

Il nostro scopo è il benessere del bambino, vogliamo che impari ad autocontrollarsi e che maturi a livello affettivo e sociale. Teniamo sempre a mente che abbiamo di fronte bambini che non hanno le stesse competenze di noi adulti e facciamo richieste comportamentali che possano effettivamente raggiungere. Cerchiamo di agire sempre in vista dell’obiettivo educativo e non impulsivamente, di preferire uno stile autorevole ma mai autoritario. Usiamo infine anche altre strategie come il rinforzo e l’incoraggiamento positivo.

E voi cosa ne pensate? Avete mai utilizzato questo metodo?
Spero abbiate trovato utile o interessante questo articolo. Resto disponibile a rispondere alle vostre domande/ dubbi o a proposte di argomenti o approfondimenti che vi interessano.

Nel frattempo vi mando un grande abbraccio,

a presto

Barbara.

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