Olimpiadi e sessismo

Come molti di voi negli ultimi giorni sto guardando le competizioni olimpiche. Tutte le volte che le guardo mi stupisco di quanto una persona sia in grado di fare, dove possano arrivare le prodezze di un corpo dopo tanto allenamento. Proprio per via di tale devozione ed impegno trovo sia fondamentale  rispettare gli atleti. Ed il rispetto ha tante piccole sfumature.

Ascoltavo le descrizioni degli atleti: per gli uomini la descrizione riguardava esclusivamente meriti e carriera sportiva, per le donne invece contava maggiormente parlare del fatto che avessero le unghie decorate, le treccine, se avessero o meno il cognome da nubile. La mia mente è così andata all’episodio della squadra femminile di tiro con l’arco che un noto quotidiano italiano nel 2016 definiva “il trio delle cicciottelle”. Per l’ennesima volta nella storia dello sport femminile a definire una atleta era la sua fisicità. Perché questo non avviene per gli atleti maschi? In questo senso una piccola rivalsa è stata per Lucilla Boari vincere il bronzo alle olimpiadi di Tokio 2020 “Mi aspetto di leggere un bel titolo sui giornali. Ora scriverete che ho fatto la storia” ha affermato.

Sia a partire dal trattamento iniziale di atleti donna e uomo in diversi sport le discriminazioni sono duplici e continue. A partire dall’abbigliamento regolamentare che porta le atlete a dover effettuare la propria performance con indumenti striminziti che spesso le mettono a disagio. Molto chiacchierata in tal senso la questione delle atlete della squadra norvegese di pallamano sulla sabbia: l’intera squadra ha deciso di comune accordo di indossare i pantaloncini anziché lo slip per gareggiare ed è stata multata. Le ragazze hanno spiegato che vogliono lo stesso diritto dei colleghi maschi di decidere se indossare lo slip o il pantaloncino (per gli uomini può arrivare fino al ginocchio) poiché il primo può risultare molto scomodo specie nei giorni del ciclo. È dal 2006 che la federazione norvegese chiede un cambiamento in tal senso e così le atlete hanno deciso di mandare un messaggio anche a costo delle ripercussioni.

Non sono state le uniche comunque a sollevare la questione: per le stesse ragioni anche le ginnaste tedesche hanno deciso di indossare la tuta intera anziché il body. Il body infatti può spostarsi e lasciare scoperte zone intime e durante la prova la ginnasta non può nemmeno sistemarlo poiché perderebbe punti preziosi.

Infondo queste donne non chiedono molto: chiedono semplicemente il rispetto che è loro dovuto. Il rispetto che è dovuto a tutti questi atleti, uomini o donne che siano, per i loro sacrifici, per il loro impegno costante, per il fatto di farci emozionare con le loro incredibili capacità. E allora cominciamo a guardare ad esse come professioniste al pari degli uomini, parliamo di loro come tali, smettiamo di focalizzarci su aspetti estranei che nulla hanno a che fare con lo sport (aspetto, vita affettiva e personale, ecc), smettiamola di chiedere alle atlete se intendono metter su famiglia e avere dei figli, finiamola di considerarle di serie B. È davvero ora di cambiare.

Voi cosa ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti!

Un grande abbraccio,

Barbara.

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