Negli articoli precedenti si è sottolineata l’importanza dell’intelligenza emotiva nell’apprendimento e nello sviluppo integrale ed equilibrato dell’individuo. Abbiamo inoltre sostenuto che le competenze emotive e sociali possono essere educate e sostenute dall’adulto. Com’è quindi possibile sostenere ed implementare l’intelligenza emotiva e le relative competenze?
Fondamentale in tal senso è la guida dell’adulto ed il modo in cui esso si approccia ai propri stati interni e a quelli del bambino. Un adulto capace di esprimere adeguatamente tutte le proprie emozioni aiuta il bambino a conoscerle e a non averne paura, un adulto che invece tende a reprimere una vasta gamma di emozioni, come quelle ad accezione negativa (tristezza, rabbia, paura…) limita anche il piccolo nella scoperta di tali emozioni e finirà per inviare lui un messaggio implicito rispetto al fatto che tali emozioni non siano ben accettate nella sfera familiare.
L’adulto può aiutare il bambino a comprendere quali siano le modalità più adeguate per esprimere quello che prova: se un adulto reagisce negativamente ad espressioni emotive specifiche, come ad esempio la rabbia, tenderà a reprimere nel bambino quella espressione emotiva perché vissuta come inaccettabile, il che può causare difficoltà nell’espressione e gestione di quella specifica emozione. Risulterebbe in tal caso più utile aiutare il bambino a capire perché si è comportato così, cosa ha scatenato quella reazione, come si è sentito e a farlo riflettere sulle conseguenze delle sue azioni aiutandolo a trovare una modalità espressiva più adeguata di tale emozione.
Un altro modo che l’adulto ha per favorire uno sviluppo adeguato della competenza emotiva è quello di aiutare il bambino sempre di più nella comprensione, espressione e gestione delle emozioni attraverso un canale di comunicazione aperto al discutere delle emozioni stesse: da una parte è l’adulto che per primo deve poter parlare e spiegare al bambino le proprie emozioni, anche quelle intense, come per esempio quando è arrabbiato o triste per qualcosa, dall’altra deve cercare di aiutare il piccolo ad esprimere quello che prova e sente dentro di lui, facilitandolo nel dare un senso a quello che gli sta accadendo.
Non sempre questo compito risulta facile per il bambino perché, soprattutto nelle prime fasi di vita, il canale verbale per lui non è quello privilegiato per esprimere ciò che prova, mettere in parole sensazioni ed emozioni risulta pertanto un compito molto arduo, per questo motivo si può facilitare questo compito attraverso l’uso di canali più adatti che permettano al bimbo di esprimersi con più facilità. I canali più adatti sono sicuramente quelli che prevedono un linguaggio di tipo simbolico che ben si confà alla modalità espressiva del bambino. Tali canali possono essere il disegno, il gioco e l’uso di fiabe.
Il disegno è molto importante come mezzo di comunicazione del piccolo perché mettere su un foglio ciò che prova gli permette di distanziarsi da tali vissuti e con l’aiuto dell’adulto può poi diventare un buono spunto per raccontarsi e aprire una comunicazione su ciò che ha rappresento e quindi prova. Attraverso i disegni i bambini ci consentono l’ingresso nel loro mondo affettivo e creativo e ci permettono di comprendere tutti i disagi, le preoccupazioni e i problemi più nascosti che non riescono o non vogliono esprimere verbalmente. Anche uno scarabocchio, un piccolo segno, una leggera macchia, può suggerirci tanto del loro mondo. Attraverso l’analisi dei disegni possiamo capire quello che i bambini vogliono dire.
I colori utilizzati, la pressione usata sul foglio, l’uso dello spazio, le forme disegnate ed il modo in cui alcuni elementi vengono rappresentati in un disegno possono essere per l’educatore una preziosa finestra sul mondo interno del bambino. Con un disegno può dirci di essere arrabbiato o di aver paura di qualcosa, può comunicarci uno stato ansioso o un momento di malinconia e di tristezza ed infine darci un quadro di come percepisce le relazioni ed il proprio ruolo all’interno del nucleo famigliare.
Tutto ciò già a partire dai tre anni di età.
Riuscire a cogliere questi elementi dai disegni dei nostri alunni ci consente di elaborare una reazione adeguata ai suoi stati emotivi, aiutandoli poi a comprendere ed elaborare ciò che stanno provando.
Un altro contesto nel quale il bambino inconsciamente esprime il proprio vissuto interiore è il gioco, in particolare quello simbolico. Attraverso esso può rappresentare anche i suoi peggiori drammi interiori attraverso una modalità protetta. Il pendolarismo tra realtà e virtualità tipico del gioco simbolico consente al piccolo di rivivere un determinato contesto o una esperienza cercando di dotarla di un significata e di rielaborare le emozioni che l’hanno accompagnata. E’ quindi opportuno osservare i bambini mentre giocano e dotare l’aula di uno spazio adibito al gioco simbolico cui i bambini possano accedere quando ne sentono il bisogno.
Non potremmo concludere senza citare l’importanza della narrazione, in special modo quella condivisa nell’aiutare il bambino ad elaborare i propri stati interni. La lettura di storie ad Hoc per una specifica situazione (la nascita di un fratellino, l’uso del vasino, ecc. ) è estremamente utile poiché permette al bambino di esplorare i propri sentimenti ed il proprio vissuto, beneficiando comunque del rassicurante contenimento dell’adulto. La narrazione condivisa consente dunque al bambino di esplorare le proprie emozioni in tutta sicurezza, darvi un significato e trovare il modo più positivo per rispondervi.
La fiaba secondo Freud, come il sogno, può essere considerata la via regia per l’inconscio, infatti la fiaba permette al bambino di identificarsi con un personaggio della storia, generalmente quello che trova più vicino a lui come caratteristiche e esperienze che sta vivendo, e attraverso questa identificazione gli permette di rivivere la sua problematica all’interno del luogo protetto della fiaba stessa. Quindi il bambino si rende conto che non è l’unico a vivere quella esperienza e già con questa consapevolezza viene sollevato da un enorme peso, inoltre la fiaba ha sempre un lieto fine e questo gli fornisce la speranza di credere che anche l’esperienza difficile che sta vivendo avrà un lieto fine. Il bambino usa la fiaba come un canale per poter risolvere i suoi drammi interni e lo fa in modo protetto perché è al di fuori della realtà. Secondo Bettelheim “La fiaba inizia nel punto in cui il bambino si trova in quel particolare periodo della sua vita e in cui, senza l’aiuto della storia, rimarrebbe bloccato”[2]. Secondo l’autore, il bambino trae significati diversi dalla stessa storia in base ai desideri ed ai conflitti che vive in diverse fasi della sua vita. La fiaba, infatti, agisce su bisogni inconsci e consci del bambino, permettendogli di appagarli in modalità protetta perché vissuti al di fuori della vita reale. Spesso infatti si può notare che i bambini tendono a volere che per un certo periodo i genitori gli leggano sempre la stessa fiaba e questo accade perché in quel momento il piccolo sente in quella specifica storia un aiuto per risolvere le sue difficoltà interne, per poter elaborare e superare ciò che gli sta accadendo.
L’utilizzo dell’espediente narrativo deve quindi essere presente nel bagaglio di un educatore o di un insegnante e la scelta delle letture da svolgere in classe e da presentare ai bambini non deve essere mai approssimativa o casuale ma sempre fatta con metodo tenendo conto delle esigenze di crescita ed individuali degli alunni.
Vale la pena di citare, come strumento per veicolare il tema delle emozioni anche la musica. Fra tutte le esperienze umane, quella uditiva è certamente una fra le più importanti nella strutturazione dell’intelligenza; fin dalla nascita, e probabilmente anche prima, essa costituisce un fondamentale tramite tra l’individuo e l’ambiente. La musicalità è creatività del movimento, i giochi di movimento ritmico e armonico fanno scaturire la scoperta di poter esprimere se stessi tramite la propria musicalità. Gli eventuali strumenti utilizzati devono essere considerati come prolungamento del proprio corpo e della propria voce così che il bambino senta di essere egli stesso la musica. (M.Buccolo,2019)
In ambito educativo il valore formativo della musica è innegabile: essa consente lo sviluppo dell’armonia e dell’equilibrio oltre che la coordinazione. La musica è espressività e favorisce l’emersione delle emozioni pertanto è uno strumento privilegiato per favorire l’alfabetizzazione emozionale.
Spero abbiate trovato questo articolo interessante, come sempre se avete domande o considerazioni sentitevi liberi di scrivere un commento qui sotto,
un grande abbraccio
Barbara